Apr 02

Una nuova e più “attuale” riflessione schematica sui rapporti tra Chiesa Cattolica e  Massoneria credo si alquanto necessaria.

 

È importante riappropriarsi di un percorso giuridico di tipo “canonico” e comunque rivedere la “questione” sia da un punto di vista  filosofico in senso lato che “religioso-sociologico”  in senso più specifico.

Lo scopo di questa riflessione non vuole essere identico a quello che mi motivò già una ventina di anni fa, ossia accreditare la tesi secondo la quale le due istituzioni, Chiesa e Massoneria, sono compatibili fra di loro, ma piuttosto di rendere compatibili due “processi cognitivi” nell’ambito delle scienze sociali del tutto necessari in un momento storico come l’attuale ove gli uomini, storicizzati e viventi nella “nuova Babilonia”, pur disponendo di immense ricchezze economiche e scientifiche, non riescono più a comunicare, lavorare per obiettivi comuni e valori condivisi. Capire i problemi e, ciascuno secondo le proprie possibilità e prerogative, intervenire nella storia per indicare/proporre “nuovi percorsi civili” all’uomo è oltremodo necessario e doveroso.

Il vecchio Codice Canonico del 1917 recitava al canone 2335 e ss.: (si traduce a senso dal latino)  incorre nella scomunica riservata simpliciter chi si ascrive alle sette massoniche o altre sette simili il cui scopo (si evidenzia “il cui scopo”ndr) è  di combattere la Chiesa ed i legittimi poteri civili ecc…” .

Dobbiamo credere che nella ratio di questo canone non ci sia stata,allora, la volontà  di individuare ambiti  comportamentali – specifici – dei cristiani qualificabili come “comportamenti peccaminosi tipici”, ma piuttosto ci furono, anche e soprattutto, delle motivazioni “storiche” e comunque giudizi di valore da contestualizzare al periodo storico in cui queste norme furono “promulgate”.

La reciproca avversione fra le due istituzioni, è da contestualizzare, piuttosto, in accadimenti ben precisi: la storia risorgimentale ottocentesca guidata dalle logge massoniche (ci fu un periodo ove la Massoneria si confondeva con la Carboneria), un anticlericalismo di stampo liberale mal interpretato dalle logge massoniche, una abbastanza recente, 1871, “breccia di porta Pia” che fu percepita per un lungo periodo  come offesa alla Santa Sede, persistendo allora, ancora nel mondo cattolico un perdurante attaccamento al potere temporale del “papato”ecc. Questa miscela  aveva radicalizzato in entrambe le parti posizione di “reciproca avversione” senza che di fatto ne esistessero dei presupposti ideologici.

Gran parte delle dichiarazioni di condanna così puntuali e presenti nei vari codici canonici del passato, (compreso quello del 1917, per attrazione modale), sono quindi databili e riferibili al periodo illuminista e post illuminista ed alle grandi rivoluzioni sociali e culturali che ne seguirono, perlopiù caratterizzate da un prevalente atteggiamento conservatore del mondo cattolico che talvolta era divenuto inconsapevole o consapevole contenitore  di un ceto “nobile” ormai disarcionata dagli eventi storici e da un immotivato anticlericalismo da parte del mondo liberale e laico che per lo più si identificava nel metodo razionalista/massonico.

Quando poi in abito cattolico si riuscì a metabolizzare e superare lo shock della presa di Roma, ossia intorno agli anni “venti”, e questo in virtù dell’”era dei concordati”, che investì le relazioni Stato/Chiesa Cattolica in Tutta Europa, ma soprattutto del  Concordato con l’Italia, caddero alcuni “pregiudizi” e comunque caddero i presupposti storici di certe rigorose condanne. Con il passare del tempo, come vedremo in questo lavoro,  vennero meno anche le chiusure ideologiche e le condanne, soprattutto da parte della Chiesa Cattolica, atteggiamenti prudenziali consolidati nel tempo che poi sfociarono in una concreta apertura “a comprendere” con il Concilio Vaticano II.

La stessa Massoneria, una certa Massoneria, già dai primi anni del ‘900 aveva assunto comportamenti meno anticlericali: per esempio alcuni parlamentari massoni sostennero la legittimità dell’intervento della Chiesa Cattolica in materia di educazione pubblica e comunque la legittimità dell’esposizione del crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici, intuizioni che certo non manifestarono apertamente la rinuncia ad un certo anticlericalismo, ma concorsero a rafforzare la posizione “pregiudiziale” non atea della Massoneria.

Se rileggiamo criticamente e con le certezze scientifiche di oggi il vecchio codice canonico del 1917 ci rendiamo conto che la scomunica, a cui si riferiva il canone 2335, sarebbe stata  “in facto“,  qualora si fosse verificato il caso di opposizione alla fede ed alla Chiesa, quindi, secundum logica, non importava che l’avversione “alla Fede” fosse agita da un massone o un comunista o anche da uno stesso battezzato, poco importa la qualifica del soggetto, ma determinante è il comportamento volitivo e sovversivo del soggetto, quindi il doloso, contro i fondamenti della fede.

 

È bene chiarire poi che la stessa “pena” della scomunica corrisponde ad  un processo logico:  non è una mera sanzione, ma la presa d’atto di una situazione, per cui, di fatto, chi è contro la Chiesa è contro i fratelli in Cristo, quindi non è in comunione,  “ergo” chi non è in comunione è scomunicato.

 

È giusto chiarire inoltre che per alcuni moralisti e canonisti cattolici, il peccato non è un male collettivo, ma una “condizione soggettiva“, anche se poi procura patimento per tutto il “corpo mistico“, essendo il consesso umano una comunità, il peccato è dunque una “condizione soggettiva e volitiva dell’agente“.

Per esempio, chi vive con una donna separata “amandola fisicamente” vive in condizione di peccato; è lui, è la propria concubina, che è in peccato; ma se un uomo  vivesse con quella stessa donna, la amasse senza compromettere la promiscuità fisica e comunque senza volerla “possedere nel corpo”, non dovrebbe essere in peccato per carenza di volontà…ecc; quindi determinante rimane la “volumptas” soggettiva letta nel caso singolo e caso per caso, valutazione da rimandare al “consiglio e valutazione” del confessore nel giudicare il turbamento della coscienza del singolo.

 

Se si osserva bene, questo modo d’intendere è molto vicino al concetto di “responsabilità personale” del diritto penale positivo delle società moderne, quindi lo stesso concetto di peccato presente nel Codice Canonico del 1917 è molto concreto e come tale è assoggettabile ad una serie di attenuazioni, esimenti o scriminanti tali da rendere il concetto di peccato, sotto il profilo teorico, alquanto vago in generale e/o molto legato ad una situazione propria del soggetto agente, “presunto peccatore“.

Nel mondo cristiano/cattolico il peccato non è da considerare come un concetto assoluto, ma la gradazione può cambiare da soggetto a soggetto, secondo la capacità del soggetto, secondo la volontà del soggetto stesso ecc. . Solo per esemplificare si cita un caso: la mancanza della volontà di uno dei nubendi rende nullo il Sacramento del matrimonio; ma la volontà, al di là di tutte le procedure per accertarla, in qualche modo rimane pur sempre riferita ad una condizione soggettiva e che solo quel soggetto/agente conosce realmente nel suo contenuto di verità… “io riferisco che al momento del matrimonio ero incapace d’intendere e di volere perché  ecc…“.

Inoltre la volontà negativa che insiste nel peccato deve essere riferibile ad un ambito dove il soggetto vuole esperire un comportamento in cui si desidera non rispettare l’ordine delle cose imposto da Dio. Il peccato, più sinteticamente, è qualificabile come una volontà lesiva di un comando voluto da Dio per il rispetto dell’ordine dell’universo, anche se rimane pur sempre un atto di libertà  perché Dio ha fatto l’uomo libero di scegliere e di discernere, ma comunque un’eventuale maggiore o minore capacità soggettiva, nonostante la Grazia, nel discernere, costituisce gradazione di intensità nella rilevanza del comportamento peccaminoso ecc… .

Non sarebbe dunque privo di fondamento sostenere che, secondo la Chiesa Cattolica, lo stato di peccato e/o di peccatore è una condizione meramente soggettiva e questa può sussistere o non sussistere a seconda della condizione particolare dell’agente.

Ci potrebbe confortare in tal senso anche la “lettura” di un autorevole moralista cattolico di fama mondiale qual’è il fiorentino mons. Chiavacci.

In sintesi posso così ragionare: se io sono massone posso esserlo per una serie di motivi,  per tramare contro la Chiesa o lo Stato, ed in questo caso sono senz’altro passibile di scomunica, ma posso essere anche massone per testimoniare la mia vita cristiana in ambiti diversi da quelli tradizionali ed in questo caso non sono un peccatore. L’amico Vescovo di Prato, Gastone Simoni, quando va in giro per confortare le prostitute non commette certamente peccato… o sì?

Insomma chi determina il “perché e per come, a che fine e per quale scopo” sono massone, sono io, soggetto agente e da quell’atto volitivo – turbativo o non turbativo dell’ordine voluto da Dio – ne scaturisce la condizione di peccato o non peccato.

Se ci caliamo con più specificità nell’analisi dei singoli articoli canonici del vecchio codice del 1917 ci accorgiamo che quando si parla di società segrete proibite (cifra per esempio i canoni 684, 692, 693, 765, 1065, 1240, 1241, 2339), distingue fra quelle che lo sono senza censura alcuna e quelle che sono invece proibite sotto pena di censura o di scomunica.

Sono considerate assolutamente proibite quelle che esigono dai propri affiliati il giuramento di custodire il segreto assoluto ed al tempo stesso esigono obbedienza totale ai capi occulti.

Il giuramento è già in sè peccaminoso (cifra Noldin in ” De Censuris“) poiché si promette di mantenere il segreto anche nel “caso di essere interrogati dai propri superiori“.

Quando però questo giuramento, è una promessa di riservatezza e non viene richiesto con tali vincoli sostanziali così cogenti, l’associazione, a rigore di logica, non dovrebbe essere considerata del tipo proibito. Inoltre dobbiamo rilevare come nel progredire degli anni il giuramento massonico è divenuto sempre più un mero atto formale per una serie di motivi: innanzitutto la ritualità iniziatica della massoneria la si può trovare in ogni libreria e quindi i riti non sono così segreti, poi gli elenchi degli iscritti sono abbastanza diffusi… se si cercano in internet gli elenchi dei soci delle logge massoniche italiane, sono comunemente reperibili da chicchessia; inoltre ci sono leggi statuali ben precise sulle associazioni segrete, leggi che comunemente vengono rispettate dalle associazioni massoniche più diffuse,  per ultimo vi è un divieto “statutario” specifico per gli associati alla massoneria di non parlare in “loggia” né di religione né di politica mentre per ogni affiliato massone vige l’obbligo di non essere ateo.

Stando al codice canonico dunque, la proibizione senza censura era riservata alle Società Bibliche, le associazioni Indipendent Order Templars, le società che promovevano l’uso di cremare i cadaveri e poche altre ancora.

Come si può notare sono proibizioni legate a particolari situazioni storiche, molte di queste proibizioni sono cadute nel corso degli anni come per esempio quella sulla cremazione.

Potrebbe essere  dunque  ritenuto “evento naturale” il venir meno del pregiudizio di condanna della Massoneria.

Se analizziamo bene i documenti pontifici che giustificano un tale rigore normativo nel  condannare la Massoneria, riscontriamo una costante: l’attività da reprimere era il “…tramare contro la Chiesa…”.

Se poi andiamo ad analizzare in maniera più particolareggiata il canone 2335/1917 ci accorgiamo che di fatto è quasi la traslazione verso provvedimenti di diritto positivo canonico della Costituzione di Pio IX, “Apostolicae Sedis” del 1869 , anzi, già in questa fase di acquisizione di “tradizione magistrale”, troviamo nella redazione del Codice Canonico del 1917 un’attenuazione del rigore della stessa sopra citata Costituzione. Per esempio vengono recepite successive allocuzioni “curiali” come l’Istruzione del Sant’Uffizio del 10 maggio 1884, dove non era prevista nessuna pena specifica contro quanti favoriscono le sette e nella stessa Istruzione scompare pure l’ingiunzione a denunziare ai superiori gli iscritti a tali associazioni ecc…: Ma allora nella procedura ermeneutica da applicare al Codice Canonico vale il brocardo nulla pena sine lex?

Alcuni commentatori del vecchio Codice Canonico, soprattutto quelli legati al movimento dei “Modernisti”,  sostengono che sono da ritenere associazioni che macchinano contro la Chiesa le sole che hanno come fine proprio lo svolgere una vera attività sovversiva avvalendosi di mezzi illeciti. Pertanto per incorrere nella scomunica dovevano avverarsi certe condizioni:

che fosse conferito un “nomen” identificativo all’associazione (come dire, bisognava che si configurasse la caratteristica associativa dell’attività e fine ndr) ma soprattutto che il “fine” proprio dell’associazione, generale o particolare, fosse quello di “macchinare” contro la Chiesa, indipendentemente che questo accada in maniera occulta o palese: quindi in sé il problema non stava nella segretezza ma nel prodotto dell’agire finalizzato. Credo che questa asserzione possa essere confermata anche dall’interpretazione di alcuni canonisti e moralisti come Zalba, Miguelez, Alonso, Cabreros, Schiappoli, tanto per citarne alcuni, i quali sembrerebbero sfumare ancora di più la lettera del canone 2335 affermando che “incorrono nella sanzione coloro che “de facto” macchinano, sia o non sia negli statuti delle associazioni incriminate questa macchinazione, come finalità dell’associazione”. Se ne potrebbe dedurre che potrebbe ‘”macchinare” chiunque anche un non massone. Quindi, sembrerebbe che nel corso degli anni ci sia stata una riqualificazione della “mancanza” da peccato di stato a peccato di azione volitiva.

Mi sembra che la norma canonica in questione sia “specifica” tralasciando la “generalità e l’astrattezza“; secondo la più elementare filosofia del diritto tale “vizio” potrebbe far qualificare  questo assunto come “non norma“, o meglio come mero regolamento gerarchicamente inferiore, mancando la norma delle caratteristiche fondamentali costitutive di un imperativo giuridico, appunto la generalità e l’astrattezza. Dobbiamo comunque riconoscere che questo argomentare potrebbe apparire fin troppo bizantino, processo dialogico di altri tempi, ma comunque contestualizzabile e storicizzabile alla promulgazione del Codice Canonico del 1917;  sicuramente un metodo non peregrino ma forse inadeguato ad una scelta espositiva dialogata dell’argomento Chiesa e Massoneria, per cui mi si impone di ritornare ad un modo di procedere più discorsivo.

Incorrono perciò nella sanzione coloro che aderiscono ad una associazione per iniziativa personale, volitiva, libera e consapevole del carattere sovversivo dell’associazione stessa, e ciò è sicuramente coerente.

Chi aderisce alla “Massoneria in buona fede, non scorgendo in essa che un’associazione di mutuo aiuto o di progresso sociale non incorrerebbe nella scomunica“, – così fu la risposta del Sant’Offizio al vescovo di Port-Louis, vv. in Fontes n° 932.

Sempre secondo il Sant’Offizio, “il massone che si accorgesse delle finalità sovversive, quando se ne accorge, avrebbe l’obbligo di dare le dimissioni, ma sarebbe scusato anche dalle dimissioni se dalle stesse ne scaturisse per lui e la sua famiglia un danno molto grave“.

In queste “fontes” scritte, soprattutto nella seconda allocuzione, appare chiaro come nello scontro fra Chiesa e Massoneria sia prevalso la disputa sull’affermazione di un proprio loro “potere istituzionale” piuttosto che una vera riserva sui contenuti.

Potrebbe essere interessante anche rilevare come nell’evoluzione storico linguistica dell’avversione alla Massoneria da parte della Chiesa si è passati dal concetto di

giuramento clandestino” a “scopi sovversivi dell’associazione condannata“.


Insomma il determinare rigorosamente il peccato per tramite la mera e stretta “previsione di una norma positiva“, sia pur di diritto canonico, non appartiene, mi sembra, alla tradizione della teologia morale della Chiesa, pur rilevando che necessità storiche hanno talvolta imposto provvedimenti restrittivi, pur tuttavia individuabili nella “temporaneità di una contestualizzazione”.

Quando poi si verificano casi di rigore normativo canonico come appunto nel canone 2335, la più classica teologia morale “specula” essenzialmente seguendo due strade:

– una di grande  frammentazione dei “possibili accadimenti reali“, la cosiddetta casistica e già sopra abbiamo visto il procedere dei canonisti e dei moralisti secondo questo metodo,

– l’atra strada si indirizza su di un laborioso processo di “ermeneutica” con riferimenti/riscontri di contenuti alla Tradizione, alle Scritture, al Diritto Positivo, ai Padri della Chiesa ecc… .

Insomma nel diritto canonico, pur avendo un “jus” estremamente concreto, non abbiamo una formula, anche letterale, del tipo “rigido” qualificabile come “formula generale di chiusura”, quindi ogni norma deve essere sottoposta ad un concreto lavoro di interpretazione ed applicazione: per esempio i Confessori, se si considerano quali moralisti “ad acta“, sono sempre molto cauti e loro stessi valutano secondo i vari parametri dettati “dalla casistica della teologia morale ed dal responsabile apprezzamento secondo la propria esperienza”. Cosa potrebbe rispondere un Confessore ad un Battezzato che in confessione ammette di aver aderito alla Massoneria ma senza avere lo scopo di tramare contro la Chiesa?

Sempre a titolo di cronaca riferisco che Confessore non si diventa immediatamente dopo la consacrazione a sacerdote, ma solitamente viene rilasciato un’autorizzazione, un patentino, dall’Ordinario diocesano, dopo uno specifico esame d’idoneità il che sta a provare l’importanza della conoscenza quasi scolastica non solo del codice, che si dà per scontata in quanto oggetto di studio negli anni di teologia in preparazione al sacerdozio, ma anche dei fondamenti dottrinali della morale, “fondamenti che permettono una cosciente e prudente valutazione dell’evento/peccato e del peccatore”.

Si deve rilevare inoltre che in ogni momento della storia la “teologia quale strumento di attualizzazione delle verità di Fede” è “in fieri”, in divenire di interpretazione senza che sia cambiata la sostanza originale, quindi non statica così come i profani di teologia vorrebbero far credere.

Ma quanto sopra esposto lo possiamo anche sostenere alla luce di una più moderno modo di costituire e promulgare leggi canoniche come esempi ne troviamo nel Nuovissimo Codice Canonico del 25 gennaio 1983: canone 1717… ogni qualvolta l’Ordinario abbia notizia di un delitto indaghi con prudenza…si deve provvedere che con questa indagine non sia messa in pericola la buona fama di alcuno…. Canone 1718: se il processo da avviare, ai sensi del canone 1341… se sia conveniente…. Canone 1341: l’Ordinario provveda ad avviare la procedura dell’applicazione della pena… solo quando abbia consumato che né con l’ammonizione fraterna né con la riprensione né con altre vie dettate dalla sollecitudine  pastorale è possibile ottenere sufficientemente riparazione… .

Come si può notare lo Spirito del nuovo Codice canonico 1983, proprio perché procedurato dopo il Concilio Vaticano II, assume una maggior pregnanza pastorale in contrapposizione ad una rigidità previsionale dettata dal diritto positivo del codice canonico. E non mi sembra un’innovazione da poco, così come rileva lo stesso teologo Hans Kung! Va da sé poi, che Kung, giovane teologo di riferimento del Concilio Vaticano II insieme a Ratzinger,  sia stato allontanato dall’insegnamento di teologia ecc. Andrebbe anche ricordata una recente lettera aperta“Perché Benedetto XVI ha fallito”, in La Repubblica del 15 aprile 2010, pag. 35, testuale: “ si è mancato di adottare infine, all’interno stesso del Vaticano, lo spirito del Concilio Vaticano II come bussola di orientamento della Chiesa Cattolica, portando avanti le sue riforme”.

Dunque nel Codice Canonico del 1917 si trovava un “vae massones” ma è vero anche che nel “fieri” dell’ermeneutica della teologia morale questo vincolo negativo ha trovato un suo assestamento, una sua collocazione logica e proprio nella logica teologica ha trovato anche una sua attenuazione: è innegabile come oggi prevalga in tutta la teologia fondamentale l'”annuncio cristiano” sul rigore prettamente giuridico. Riscontriamo anche che fin dagli anni ’50 si è cercato di moderare il rigore del canone 2335 e non solo di questo canone, vedi per esempio il canone 684, 692, 693, 765, 1065, 1240, 1241, 2339 . In seguito proprio la teologia morale, perlomeno secondo certi autori, scusò e ritenne non “contra Ecclesiam” nemmeno il portare l’insegne massoniche; vedi Compendio di Teologia Morale a cura di Eriberto Jone O.F.M., 1961.

Già dagli anni ’50 si riuscì infatti a discriminare i diversi orientamenti delle varie Obbedienze Massoniche e per questo “il giudizio di condanna”  veniva adottato di volta in volta e caso per caso: non sconfessando il Codice Canonico ma operando una procedura di attualizzazione della norma mediante un normale processo ermeneutico.

Mi sembra di leggere in questo nuovo atteggiamento della “dottrina” una specie di “rinvio” di valutazione e/o condanna alla prudente attività dell’Ordinario… del Confessore ecc… come appunto si leggerà poi nei citati commi del nuovo codice canonico del 1983.

Notevole importanza in questo processo “evolutivo/ermeneutico” l’ha avuta una lettera del Cardinale Seper, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Sant’Uffizio) datata 19 luglio 1974.

In questo documento, la Chiesa sembrerebbe riconosceva pubblicamente ed ufficialmente la Massoneria o meglio sembrerebbe ammettere la possibilità che esistano alcune Massonerie che non “macchinano contro la Chiesa e contro i legittimi poteri civili“, mentre fino a quei giorni era proprio quel presunto atteggiamento preso in considerazione e tale era annoverato a peccato di stato.

Con questa lettera il Cardinale Seper dava corpo alla tesi, già  da più autori sostenuta, secondo la quale anche i cattolici possono essere massoni, nonostante il canone 2335 dell’allora vigente Codice Canonico, purché la Massoneria alla quale aderiscono non macchini contro la Chiesa né contro i legittimi poteri civili, così come vietato dalla lettera del canone citato”, così  scrive fra l’altro Monsignor Josè Ferrer Benimeli, come riportato in Massoneria e Chiesa Cattolica, di Padre Esposito.

Dalla lettera di Seper si ricava dunque “un mutato atteggiamento della Chiesa circa la Massoneria teso a comprendere la differenza di ispirazione e quindi di trattamento da riservare ai diversi raggruppamenti massonici, fino a quei giorni indistintamente accomunati in un unica condanna di scomunica“, come sostiene anche Padre G. Caprile, sempre in Massoneria e Chiesa Cattolica, Padre Esposito.

Era ed è logico che un’obbedienza massonica anticlericale non potesse avere la stessa considerazione, apprezzamento o disprezzo di un obbedienza non anticlericale: per questo ebbe, o avrebbe potuto avere, un qualche senso l’art. 2335 del codice 1917 e per lo stesso motivo le previsioni normative e relative sanzioni del 2335 non ricorrono nel nuovo codice del 1983.

Sopra si è usato il lessema “anticlericale” e non “ateo“, infatti la Massoneria non potrà mai essere accusata di ateismo: “il massone non sarà  uno stupido ateo“, cifra l’art. 1 della costituzione dell’Andeson.

Proprio per questo è importante accertare la volumptas dell’agente per determinare la condizione di partecipazione ad una azione qualificabile come peccaminosa. In sintesi, qualsiasi obbedienza massonica che non è contro la Chiesa dovrebbe essere ammissibile e non sanzionabile dal punto di vista canonico. Resta però in piedi la questione della procedura verso la conoscenza, quindi rimane in piedi la questione del “metodo”: da parte della Chiesa Cattolica si confuta alla Massoneria di negare la Rivelazione nel processo di accostamento alla verità. Dobbiamo ammettere che certe obbedienze massoniche, contravvenendo alle originali costituzioni, i Landmark, danno alla loro procedura speculativa un manto di sacralità ed è forse questo loro atteggiamento che condiziona il giudizio della gerarchia ecclesiastica, ma è anche vero che il processo speculativo massonico agisce in un

ambito diverso da quello religioso. Mentre sicuramente si possono rilevare certi errori procedurali di certe obbedienze, dobbiamo ammonire la Chiesa cattolica a non compiere lo stesso errore che si è consumato con l’affaire Galileo! Due ambiti diversi, indipendentemente dal metodo, sono grandezze speculative incommensurabili fra di loro, ameno che una “realtà” agisca per annientare l’altra! Ma così non mi sembra che oggi accada né in ambito massonico né in ambito ecclesiale.

Per questo, da parte della Chiesa Cattolica, durante il periodo conciliare ed immediatamente dopo si iniziarono degli approcci più sistematici con il problema massonico, Padre Rosario Esposito in “Riconciliazione tra Chiesa e Massoneria”, Logo editore: “… dal punto di vista religioso ed ecumenico ci si presentano subito alla mente alcuni milioni di iscritti alla Massoneria sui quali ha pesato finora la scomunica della Chiesa.

Uno dei frutti e metodo del Vaticano II è stato proprio quello di mettere in discussione fatti e prese di posizione finora da molti considerati come incontrovertibili. Sono sorti dubbi sulla loro validità; sono stati fatti paragoni tra il loro stato attuale e quello delle origini; tutti i loro elementi sono stati messi al vaglio. La critica scientifica e quella religiosa si sono prestate mutuamente aiuto ed è sorto il dubbio se tutto un insieme di credenze e di abitudini fosse veramente autentico e se non si fosse piuttosto inghippato e corrotto nel corso dei secoli. In fin dei conti il Vaticano II ha utilizzato la genuina “critica storica” riflettendo su atteggiamenti e su cose”. Vedremo nella fase conclusiva di questo lavoro come il Concilio Vaticano II indirizzerà in tal senso, secondo il  metodo del “dubbio” del pontificato di Paolo VI, lo studio della dottrina teologica e della pastorale della Chiesa.

Durante le sessioni del Vaticano II anche il vescovo messicano Mendez Arceo così in Acta synodalia S. Concilii oecumenici Vaticani II, Vol.I, pars.IV, pagine 340-341, chiese “quale fosse l’atteggiamento della Chiesa sul problema Massoneria la quale non sempre è stata e dappertutto antireligiosa“.

In quello stesso intervento il vescovo latino-americano rilevava “che ci sono molti, cattolici e non cattolici, iscritti alla Massoneria: i primi incorrono in sanzioni ecclesiastiche, ma da parte della Chiesa non cessa l’obbligo dell’assistenza pastorale nei loro riguardi, mentre i cristiani non cattolici iscritti alla Massoneria trovano nell’atteggiamento della Chiesa un nuovo impedimento all’unione, tuttavia la loro presenza in Massoneria potrebbe contribuire a far sparire da questa gli elementi anticristiani ed anticattolici. Le origini della Massoneria non furono anticristiane e qua e là non mancano alcuni indizi di una possibile riconciliazione. La Chiesa, buona madre, guidata dallo Spirito Santo, deve cercare la via…”.

Ed ancora padre Henri de Lubac, uno dei maggiori ispiratori del concilio Vaticano II, si esprime con queste parole: “è finito il tempo di una certa pienezza. Bisogna prendere uno stacco; bisogna ricercare i fondamenti di ciò che viene posto in discussione; studiarlo da un nuovo punto di vista per procedere ad una cernita prudente, o per conservare, con cognizione di causa, ciò che gli altri condannano o respingono. Con ciò non si pretende tanto di compiere un lavoro di giustificazione quanto di chiarificazione. Non domina qui la preoccupazione di confutare, ciò che conta è vedere chiaro, rendersi conto…”. H. de Lubac in “Il Volto della Chiesa”.

Dunque per alcuni teologi cattolici “il problema Massoneria può essere affrontato in molte diverse maniere; è sempre importante e necessario conoscere a fondo la sua storia. La polemica e la demagogia a favore o contro di essa sono molto facili, ma senza una sana critica storica che collochi il problema nella giusta prospettiva è molto facile cadere nell’apologetica più ridicola o nella più ingiusta denigrazione” , Benimeli, in op.cit.

Quindi deve apparire chiaro che fino dalla metà degli anni ’50, la teologia morale si è molto concentrata nell’apertura alle culture “altre” trovando la massima manifestazione nel cosiddetto “ecumenismo“. Certamente non è stato un mero atto di tolleranza, ma sicuramente la Chiesa Cattolica ha fatto un gran passo avanti con l’ecumenismo, iniziando a dialogare e a cercare di comprendere alcuni “diversi”, per esempio i “comunisti“, non più irretiti di scomunica ipso iure, proprio loro che erano stati accumunati ai massoni nella vecchia codicistica e nella vecchia teologia morale. Ma il dialogo, tolleranza e comprensione con i massoni non ha avuto la stessa fortuna per una serie di motivi che forse appartengono al “possibile ed al probabile della storia“, cioè una cosa accade ed una no! Ma forse c’e anche una spiegazione: i comunisti hanno un vero e proprio potere politico-amministrativo e quindi contrattano con la S. Sede il “dialogo“, mentre probabilmente potere di quel tipo non hanno i massoni… e forse  anche  questo potrebbe essere un indicatore che potrebbe confutare tutte quelle superficiali affermazioni sulle trame e sul potere della Massoneria! Oppure un motivo di non pubblico e manifesto dialogo Massoneria-Chiesa potrebbe stare nel fatto che le due istituzioni non sono contrapposte e quindi non sono di interesse “politico”  l’una per l’altra, se è vera  la teoria che un soggetto ha cognizione di esistere a condizione che individui un suo contrario (strutturalismo?). Ma vorrei ricordare anche una frase del Cardinale Siri: “il male più grave per la Chiesa non sono gli atei ma gli agnostici” quindi i Massoni, non essendo né atei né agnostici, potrebbero essere una buona sponda per una nuova dialettica sociale.

La Massoneria non è agnostica né atea, ma nemmeno si pone il problema religioso come suo obiettivo speculativo dichiarandosi incompetente, ma delega ad altri ambiti della sfera personale e di libertà del “singolo” la questione religiosa… “in loggia non si parla né di politica né di religione avendo ciascun fratello la propria intima e personale visione…ecc”, come appunto troviamo nelle Costituzioni della Gran Loggia d’Italia, Obbedienza di Piazza del Gesù.

Dunque nel nuovo Codice Canonico del 1983 – che ha sostituito quello del 1917 – scompare, in obbedienza alla cultura conciliare di apertura della Chiesa Cattolica, qualsiasi riferimento ai massoni e ad un’eventuale immediata scomunica o quant’altro.

Un intervento di Mons. Mendez Arceo, vescovo attivo alle assemblee del Concilio Vaticano II, del 20.11.1963, durante la 71esima Congregazione Generale, confermerebbe questa mia tesi di “rinnovamento culturale conciliare”, cioè del perché è scomparso nel nuovo Codice Canonico, 1983, il riferimento alla Massoneria: “mi pare che conviene trattare pure una questione di cui ne parlai lo scorso anno e che riguarda uomini di diverse religioni riuniti in un’associazione i cui principi, come c’insegna la storia, furono cristiani e che oggi, in parte, rimane e si rinnova come cristiana. Si potrebbero revocare le leggi che contro tali associazioni la Chiesa ha decretato non poche volte, affinché non capiti di separare nella Chiesa il bene dal male andando contro la dottrina di Cristo il quale c’insegnò che bisogna conservare l’erbaccia per non strapparla insieme al grano. Mi riferisco alla Massoneria nella quale ci sono moltissimi che credono in Dio rivelatore e si chiamano cristiani o almeno non cospirano né contro la Chiesa né contro lo stato”.

 

Dunque nel nuovo codice scompare ogni riferimento alla Massoneria, frutto di una nuova era di evangelizzazione della Chiesa ed era questo un fatto di estrema tolleranza ed apertura politica di Roma, ma fece  dire a molti, genericamente, che la Chiesa Cattolica assolveva i massoni. In realtà non è così.

Nel nuovo Codice Canonico il problema dei massoni e dell’eventuale stato di peccato di chi è massone veniva demandato all’attività di “ermeneutica” della teologia morale, così come si è consolidata nel tempo fino ai giorni nostri.  Allo stesso tempo il problema massonico veniva spostato da un ambito strettamente codicistico ad un ambito più generale che è quello dell’evoluzione storica dell’ermeneutica morale e del giudizio di valore secondo la “teologia morale fondamentale“, lontano perciò dal possibile rigore del diritto positivo canonico.

 

Il problema delle sette e delle logge massoniche veniva perciò delegato ad un giudizio ampio e non ristretto in una norma di diritto positivo: nel sistema del diritto canonico, quello che nel diritto della società civile viene chiamato “generalità ed astrattezza della norma“, viene demandato quasi sempre alla scienza della teologia poiché la norma canonica per struttura è sempre molto concreta e la concretezza rischia, su “oggetti giuridici” permessi dalla norma civile e sanzionati da quella canonica, di creare malintesi o comunque intoppi di comprensione sociale e religiosa in processi di interpretazione.

Dunque nel nuovo Diritto Canonico manca un qualsiasi riferimento ai massoni e quindi si è creduto che la Chiesa avesse assolto i massoni. Per ovviare a queste false interpretazioni o illazioni c’è stata, novembre 1983, una dichiarazione della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta dall’allora Cardinale  Ratzinger, in cui si ribadiva che in merito alla Massoneria la Chiesa Cattolica manteneva il proprio giudizio di condanna:

“SACRA CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI. È stato chiesto se sia mutato il giudizio del Chiesa nei confronti della massoneria per il fatto che nel nuovo Codice di Diritto Canonico essa non viene espressamente menzionata come nel Codice anteriore. Questa Congregazione è in grado di rispondere che tale circostanza è dovuta a un criterio redazionale seguito anche per altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie. Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione. Non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito, e ciò in linea con la Dichiarazione di questa S. Congregazione del 17 febbraio 1981 (Cf. AAS 73, 1981, p. 240-241). Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Dichiarazione, decisa nella riunione ordinaria di questa S. Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione. Roma, dalla Sede della S. Congregazione per la Dottrina della Fede, il 26 novembre 1983.

Firmato: il Prefetto Joseph Card. Ratzinger, Prefetto e  Fr. Jérôme Hamer, O.P.

 

Alcuni non particolarmente esperti di teologia hanno accettato con una certa superficialità questa allocuzione e soprattutto la frase “rimane fermo il giudizio di condanna” ed hanno  condannato genericamente senza domandarsi quale fosse il giudizio della teologia morale giunto fino ai giorni nostri attraverso i tempi, premettendo che l’analisi ed il giudizio della teologia morale è sempre legato al un processo “diacronico“.

Ad un esame più attento questa dichiarazione operava un “rinvio“, il rinvio era in re ipsa, o meglio si rinviava ad un giudizio di condanna precedente, o meglio a tutto lo sviluppo della dottrina e della teologia morale in merito al problema massoneria, ma come abbiamo visto il giudizio dei moralisti, nel tempo è evoluto verso una immediata ed automatica non condanna. Se infatti non si operasse il rinvio al “precedente” e all’autorità dei “precedenti”, mancando oggi una norma canonica positiva regolamentatrice e mancando una dizione “attuale” della teologia fondamentale morale, potrebbe accadere lo scadimento di autorità del processo formativo della teologia morale stessa.  Ma sappiamo bene che una delle fonti più importanti di tutta la teologia è la “tradizione“, ossia gli studi, i comportamenti, i giudizi così come si sono consolidati nello sviluppo della storia della Chiesa attraverso i secoli. Ma vi è di più, a questo consolidamento tradizionale ha contribuito anche il Concilio Vaticano II. Se non si accetta questo articolato nostro ragionamento potrebbe accadere che lo stesso dicastero, la Congregazione per la Dottrina della Fede, quando è guidato dal Cardinale Seper apre ai massoni mentre quando è presieduto dal Cardinale Ratzinger dice esattamente il suo contrario. E la tradizione come fontes dove va a finire?

Nell’allocuzione Ratzinger, se presa alla lettera, vi si poteva leggere anche un’incogruenza interna: i poteri del dicastero sono di parere consultivo deliberativo e diventano cogenti solo con l’approvazione e promulgazione del Santo Padre, cosa che viene evocata nella stessa allocuzione ma in atti mancano approvazioni ufficiali del Pontefice, mentre lo stesso pontefice aveva promulgato quel Codice Canonico senza la menzione specifica contro i massoni. Quindi, secondo i poteri conferiti ai dicasteri pontifici, l’allocuzione Ratzinger aveva un grande valore “indicativo” ma a nostro modo di vedere mancava di “cogenza”.

Inoltre, la stessa allocuzione, evocando un vacanza di “un criterio redazionale ed enunciando un rinvio a norme più generali, pone un problema di ermeneutica giuridica: per applicare l’allocuzione contro i massoni bisognava ricorrere alla generalità ed astrattezza di norme più “generali” del Codice Canonico … quindi necessariamente si rinviava alla responsabile valutazione degli operatori, confessori o dell’Ordinari Diocesani… ma l’allocuzione stessa sembra sottrarre questa possibilità anche  servanda Episcopis, nemmeno ai Vescovi! Ed allora quale sanzione e secondo quali fontes costitutive? Vale o non vale il nulla pena sine lex?

L’unica soluzione possibile era quella di considerare l’allocuzione del Cardinale Ratzinger come… “chi trama contro la Chiesa, o è ateo, o non accetta in ambito religioso la Rivelazione… è scomunicato… non si può accostare ai Sacramenti  ecc”, ossia quanto le norme generali stabiliscono, ma queste sanzioni ed impedimenti valgono per chiunque! Ovviamente era una condizione preconcettuale e comunque  una formula sovrabbondante poiché chi non crede e chi è contro la Chiesa è di fatto al di fuori della comunione con gli altri cristiani, quindi scomunicato ecc… così come abbiamo ampiamente disquisito sopra..

Questa nostra lettura possibilista è stata sostenibile fino al 2005, infatti mancando un’adozione formale ed ufficiale del Pontefice, come sopra abbiamo detto, questa allocuzione assunse il valore di intervento indicativo e consequenziale alle interpretazioni ed alle fontes precedenti. Ma dopo tale data, essendo il Cardinale Ratzinger divenuto Papa, potrebbe aver fatto venir meno questo impedimento…, ma agli atti attuali mancano interventi ufficiali e formali in materia.

Comunque il dubbio di un ripristino del codice del 1917 oggi esiste, come si può ricavare dalla letteratura del mondo cattolico. Per esempio Massimo Introvigne, sociologo e presidente del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) e autore di numerosi libri su sociologia e religione, fra cui (Da un intervista di Francesco Bellotti)Il simbolo ritrovato. Massoneria e società segrete: la verità oltre i miti”, edito da Piemme, alla domanda cosa sia la massoneria risponde che “le varie massonerie hanno in comune un metodo. Ogni discussione confronta le idee alla ricerca di un denominatore comune, rifiutando l’esistenza di dogmi o principi “non negoziabili”.

E ancora Introvigne, “…basandosi sul sospetto e l’ostilità verso dogmi e principi non negoziabili, il metodo massonico contrasta con l’atto di fede. Per questo, con la “Dichiarazione sulla massoneria”, firmata nel 1983 dal card. Ratzinger, la Chiesa esclude i massoni dalla Santa Comunione”.

Ma Introvigne, a mio modo di vedere, non opera un distinguo sacrosanto e come lui molti conferenzieri che si definiscono cattolici: la Massoneria non discute di religione, di fede e di politica, per regolamento, pena l’espulsione dall’associazione stessa, ma applica un metodo di indagine ad una prassi della vita quotidiana, quindi non dà giudizi sulla fede né sulla religione. Si vuol forse continuare a sostenere che praticare una ricerca filosofica di per sé stessa sia una offesa alla fede cristiana? Oppure applicare un metodo massonico alla sociologia, all’economia ecc…, offende la religione? Non sembrerebbe se una grande nazione come gli Stati Uniti d’America, che hanno un riferimento costituzionale diretto alle sacre Scritture, allo stesso tempo hanno ben precisi riferimenti ai metodi massoni.

Di questi errori noi cattolici ce ne siamo vergognati fina al punto che un Papa ha dovuto chiedere scusa a Galileo… ma dopo 5 secoli!

Inoltre, ma veramente si conosce quello che i massoni fanno e dicono in loggia oggi? Per aver frequentato l’ambiente massonico mi sono letto circa 5000 lavori di loggia, della Gran Loggia d’Italia, Lavori provenienti da tutta Italia, le cosiddette “tavole”, le relazioni dei vari associati: nolite timere, il livello è per lo più da Enciclopedia Conoscere! Altro che confutazione dei principi di fede! A nostro giudizio, sarebbe importante anche frequentare questi ambienti, prima di scrivere libri, articoli e condanne. C’è chi l’ha fatto ed ha capito il problema: Padre Rosario Esposito mi risulta Massone Onorario di un’Obbedienza, e credo che lui abbia compreso il problema! E non si è impaurito!

Cerchiamo di conoscere i massoni per non aver paura. Risaliamo alle fonti ufficiali: dichiarazioni ufficiali del 1962, del 1981 e del 21 giugno 1985, vv “Filosofia della Massoneria”, in Saggi Marsilio, Venezia, 1987:

Enunciato fondamentale.

“La Massoneria non è una religione, né un sostituto della religione. Essa richiede ai suoi adepti di credere in un Essere Supremo del quale, tuttavia, non offre una propria dottrina di fede. La Massoneria è aperta agli uomini di tutte le fedi religiose (per cui ciascuno deve liberamente professare secondo al propria fede ndr). Nei lavori di Loggia è vietato discutere di religione”.

L’Essere Supremo

“I nomi usati per indicare l’Essere Supremo consentono a uomini di fedi differenti di unirsi in preghiera (a Dio come ciascun uomo lo concepisce), senza che i contenuti delle preghiere siano causa di discordia.

Non esiste nessun Dio massonico. Il Dio del massone è quello proprio della religione che ciascuno  professa.

I massoni hanno rispetto per l’Essere Supremo in quanto egli rimane supremo nelle loro rispettive religioni. Non è compito della Massoneria cercare di unire insieme religioni diverse: non esiste, perciò, alcun Dio massonico composito.

Dal confronto fra Massoneria e Religione così come si ricava negli statuti delle varie Obbedienza massoniche si può ricavare la seguente sinossi:

Nella Massoneria non si danno i seguenti elementi costitutivi della religione:

A) una dottrina teologica; proprio vietando in “loggia” le discussioni sulla religione si vuole impedire l’insorgere di una dottrina teologica massonica.

B) La Massoneria non fa offerta di sacramenti.

C) La Massoneria non opera promesse di salvezza mediante opere, conoscenze segrete e altri mezzi; i segreti della Massoneria riguardano i modi di riconoscimento e non la salvezza… ma comunque ritualità di dominio pubblico in quanto pubblicate in libri ed in siti internet.

La Massoneria rispetta la religione.

La Massoneria è tutt’altro che indifferente verso la religione. Senza interferire con le pratiche religiose, essa auspica che i suoi adepti seguono la propria fede e pongono i propri doveri verso Dio (in tutti i nomi mediante cui egli è conosciuto) al di sopra di tutti gli altri. Gli insegnamenti morali della Massoneria sono accettabili da tutte le religioni. In tal modo, la Massoneria rispetta la religione.

Tornando al nostro argomento principale, possiamo comunque ricorrere al Codice Canonico per invocare esimenti o scriminanti in materia di appartenenza alla Massoneria?

Ammesso che sia “proceduralmente” erogabile la pena della scomunica per gli iscritti alla Massoneria, ci dobbiamo domandare se questa sanzione è riservata simpliciter, cioè automatica, o… altrimenti… .

Riassumiamo quello che ha fatto scaturire la nostra analisi:

1) il vigente Codice Canonico del 1983, non ha norme esplicite di condanna per i massoni.

2) L’allocuzione Ratzinger toglie potere di valutazione ai vescovi ed ai confessori: costoro non possono interpretare la norma per cui i massoni, per il semplice motivo di essere iscritti, sono scomunicati e basta.

3) Fra i principi generali del Codice canonico c’è quello nulla lex nulla pena.

4) Il Santo Uffizio prima del 1983 apre ai massoni e dopo il 1983 sembrerebbe chiudere la porta in maniera perentoria.

5) Il codice canonico 1983 agli articoli 1717-1731, “del Processo Penale”, conferisce responsabilità interpretativa ai Vescovi con parametri comportamentali ben precisi:  canone 1717ogniqualvolta l’Ordinario abbia notizia, almeno probabile, di un delitto, indaghi con prudenza, …”si deve provvedere che con questa indagine non sia messa in pericolo la buona fama di alcuno, canone 1718 “Qualora gli elementi raccolti sembrino bastare l’Ordinario decida: 1) se si possa avviare il processo per infliggere la pena o dichiararla; 2) se ciò, atteso il  can. 1341, sia conveniente”.

6) Se per il solo fatto di essersi iscritto alla Massoneria, un battezzato è scomunicato, quale fatto formale deve compiere per non incorrere nella sanzione canonica? Deve cancellarsi? Deve fare pubblica ammenda? Oppure è sufficiente affermare di essere iscritto ad una Massoneria che non pratica “trame contro i principi della Chiesa Cattolica”? Su questo argomento nel codice canonico non esiste una norma di “salvaguardia”.

A questo punto, dopo tutte queste osservazioni, non avendo conclusioni certe, possiamo sostenere che certi giudizi così severi adottati dalla Chiesa Cattolica, necessitano di opportuni approfondimenti. Ma altrettanta disponibilità a farsi capire, è necessaria da parte massonica e sinceramente, fin’ora, abbiamo attestato su questo fronte molta buona volontà ma molta incompetenza a ragionare.

Comunque se possono essere convincenti queste osservazioni in campo canonico/giuridico altrettante osservazioni circa la sostenibilità di un corretto rapporto fra la Chiesa e Massoneria si possono fare analizzando il problema dal punto di vista più strettamente filosofico ed antropologico: ci vuole la collaborazione di entrambe le parti in causa. Una collaborazione auspicabile e particolarmente utile in questo momento storico in cui assistiamo al frantumarsi del pensiero forte in ogni campo, il che significa che l’uomo di oggi, sia nel campo dell’etos politico e sia nel campo dell’etos sociale, ha smarrito i riferimenti di valori stabili; ne è palese esempio la crisi della  convivenza internazionale non più pacifica. Sicuramente la Chiesa Cattolica possiede l’impalcatura giusta ed una giusta tradizione ove questi principi generali vengono conservati.

Il pensiero moderno, dunque, pone istanze diverse e ha decretato l’esaurimento dell’ontologia classica: si sono esaurite le strutture “forti dell’essere” che erano alla base del pensiero dei popoli ed erano garanzia di permanente identità di valori ove Dio stesso era concepito come entità suprema sovrastante il complesso mondo della contingenza.

La teologia medievale aveva mutuato dal pensiero della tradizione greca classica le “categorie portanti” alle quali ancorare l'”annuncio del messaggio cristiano“, ma poi è capitato che, con l’irruzione del soggettivismo moderno, si siano prodotti effetti devastanti nel contesto sociale e religioso: si è frantumata l’unità del mondo cristiano con la riforma protestante a cui è seguita la reazione del concilio di Trento. In questo contesto, l’elaborazione teologica si è collocata in strutture rigide estranee all’evolversi del pensiero moderno, ove esigenze apologetiche hanno prevalso su quelle di un annuncio del messaggio cristiano nella sua interezza ed autenticità evangelica. Esempio emblematico della frattura tra il pensiero teologico scaturito dal concilio di Trento e la cultura moderna è la crisi “modernista”.

Ma è capitato anche che i processi storici, fortemente accelerati, abbiano prodotto nel nostro secolo, soprattutto negli ultimi decenni, le “condizioni” di un radicale rimescolamento delle carte filosofiche e teologiche.

L’annuncio, Nietzsche, “della morte di Dio” ha aperto nella storia del pensiero occidentale una prospettiva nichilista. Il pensiero filosofico degli ultimi decenni si è posto nel contesto di una soggettività isolata ed ha interpretato la dinamica della “coscienza culturale” secondo la scomparsa di ogni ancoraggio ai cosiddetti valori supremi.

Se trionfa, come ha trionfato, il nichilismo avviene la frantumazione di ogni ontologia forte: non solo di quella classica con le sue implicazioni teologiche scolastiche e teologiche tridentine, ma anche del soggettivismo moderno, almeno nella misura in cui è stato costretto ad affermazioni “dualistiche” per caratterizzare la propria identità… i razionalisti erano contro la religione non chi applicava un metodo di ricerca intorno alla contingenza della vita (non della religione) ricorrendo deontologia, alla cultura dei doveri.

Il naufragio delle certezze ontologiche, la stessa proclamata morte di Dio, apre per paradosso le porte ad una riscoperta del “Cherigma” evangelico. Questo infatti si presenta come annuncio soteriologico volto all’uomo, ad ogni uomo, impantanato nel suo esistere, dal latino existere.

Il messaggio è appello che viene immediatamente recepito senza le mediazioni di categorie filosofiche ellenizzanti. Finalmente il “Cherigma“, liberato dai tradizionali riferimenti ontologici, può proporsi immediatamente come discorso antropologico esistenziale. Certamente il pensiero religioso in questo contesto necessita di elaborazioni più approfondite, deve evitare deviazioni fuorvianti e chiusure alle culture antropologiche altre: non si può aprire ai buddisti, che forse più che una dottrina religiosa praticano una prassi filosofica, e chiudere ai rotariani o ai massoni sarebbe una contraddizione logica. La marcia di Assisi sarebbe un’assurdità logica e dialettica!

L’elaborazione del messaggio cristiano in chiave dinamicamente soteriologica , così come ha voluto il Concilio Vaticano II, apre spazi ad orizzonti di speranza al disorientamento del tempo presente, ma anche le “filosofie” proiettate alla liberazione dell’uomo dalle pastoie materiali concorrono al miglioramento del mondo!

È una necessità storica irrinunciabile evitare scontri fra le diverse realtà che lavorano per migliorare il contesto in cui l’uomo si muove!

A questo punto possiamo concludere, accertata che la speculazione massonica esula da ambiti religiosi, che non può esserci acredine culturale o meglio contrapposizione fra Chiesa e qualsiasi altra associazione filantropica che non neghi l’esistenza della Chiesa Cattolica stessa o ne contesti i principi fondanti.

Confondere il metodo con i contenuti potrebbe risultare un errore macroscopico: fermo restando che l’uomo etico di interpretazione cristiana è quello che esce da una fase educativa secundum iusta principia !

written by Marcello Sladojevich \\ tags: , , , , , ,


3 Responses to “Chiesa e Massoneria”

  1. 1. Massimo Introvigne Says:

    Ho letto con interesse. Fermo il diritto di ciascuno a esprimere le sue opinioni, mi permetto di segnalare un’imprecisione di fatto. Come risulta dalla pubblicazione sul sito ufficiale della Santa Sede all’indirizzo http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19831126_declaration-masonic_it.html la “Dichiarazione sulla Massoneria” (che non è un discorso o un’allocuzione ma una dichiarazione ufficilae) reca quella che si chiama approvazione “speciali modo” del Papa di allora, il venerabile Giovanni Paolo II, con la formula canonica: “Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Dichiarazione, decisa nella riunione ordinaria di questa S. Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione”. Questa formula trasforma la Dichiarazione in un atto di Magistero pontificio, vincolante per tutti i fedeli. Di tale atto fa parte l’ultimo paragrafo il quale recita: “Non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito”, trattandosi di materia riservata alla Santa Sede. Pertanto nessun vescovo o Conferenza Episcopale potrebbe “derogare”, o meglio ogni “deroga” sarebbe nulla, trattandosi di materia riservata alla sola Santa Sede. Dunque, come recita questo atto del Magistero pontificio, “i fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”. Grazie dell’ospitalità

  2. 2. Marcello Sladojevich Says:

    Ringrazio il Prof. Introvigne per la sua precisazione che approvo per vera.
    Confesso anche di aver sottaciuto con “benevola malizia” il “fatto” poiché in merito a quella “Dichiarazione sulla Massoneria”, in ambienti vaticani, e non solo, si parlò molto di “riferita tantum” ma non di effettiva acquisizione di parere volitivo del Pontefice, anche se da cattolici dobbiamo prestare fede all’ufficialità della “pubblicità notizia” della Dichiarazione e comunque dare per acquisita la Lettera Apostolica di Paolo VI “Integrae Servandae” (17/12/1965), ove, di fatto, al punto 4, alla nuova costituita “Congregazione per la Dottrina della Fede”, si attribuiscono poteri anche “costitutivi” in quanto tale Congregazione è presieduta dallo stesso Pontefice e guidata dal Cardinale Prefetto: “…condanna quelle dottrine che risultano essere contrarie ai principi di fede…”.
    La benevola malizia stava nel non voler aprire un fronte di dubbi che per anni sono stati alimentati in ambienti vaticani ed ancora né risolti né sopiti, fra i quali quello che durante il pontificato di Giovanni Paolo II, le teste pensanti erano più di una e non tutte animate dal tradizionale idem sentire della Chiesa, mentre, infatti, certi poteri curiali erano in posizione di prevalente auctoritas e lo stesso Prefetto… non andava indenne da queste insinuazioni.
    Ma da parte del sottoscritto vi era anche una volontà specifica di mettere in evidenza certe palesi crasi fra quanto il Concilio Vaticano II aveva stabilito e quanto, di fatto, in seguito, si è voluto disapplicare: lo stesso Codice Canonico del 1983, stando alle parole del Cardinale Felici, presidente della Pontificia Commissio Codici Juris Canonici recognoscendo, e di P. D’Ostilio, “non si era posto un problema di diversa redazione da quello del 1917”, come, contrariamente, la Dichiarazione sulla Massoneria di Ratzinger potrebbe o vorrebbe far intendere, ma piuttosto di sostituire la precedente rigida sistematica giuridica con una legislazione più aperta al nuovo ed al caso per caso, per lo più rivalutando l’autorità delle Chiese locali soprattutto nella persona dei loro Vescovi, passaggio quest’ultimo voluto proprio dal Vaticano II, anzi dallo stesso Papa Giovanni XXIII che, appena due mesi dopo il suo insediamento sul soglio apostolico, annunciò due volontà programmatiche: la celebrazione del Concilio e l’adozione di un nuovo codice canonico… rimandando però quest’ultimo progetto a dopo il Concilio proprio per pregnare il nuovo jus degli indirizzi riformatori che lo stesso pontefice affidava al Concilio ed ai padri conciliari. Nella Dichiarazione sulla Massoneria si ravvisarono, ed io condivido, proprio un “eccesso interpretativo” dello spirito conciliare ed un allontanamento dal “decidere” proprio dei Vescovi: “…non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito”. Ma vi è di più, il Codice Canonico, viene definito dallo stesso Cardinale Felici: “collezione autentica, universale, giuridica, unica, esclusiva e peculiare”.
    Mi concentrerei solo su alcune precisazioni di Felici: “ unica, perché costituisce un’unica legge, sebbene composta di 2.414 canoni e, in quanto tale, non si può arguire la correzione del canone precedente dai canoni seguenti (stretta previsione normativa ossia nulla poena sine lex ndr); esclusiva perché il codex, al momento della sua promulgazione, abroga tutto lo jus vetus della Chiesa… ma ne segue gli indirizzi giurisprudenziali autentici…” .
    Mutuando poi le parole di Stephan Kuttner, docente di storia del Diritto Canonico “… nella storia della Chiesa non c’è mai stata una legislazione che avesse completamente assorbito la precedente e formalmente abolito tutte le collezioni anteriori” dobbiamo annotare la distinzione fra legislazione e collezioni e, comparandole alla Dichiarazione sulla Massoneria, non si riesce a risolvere un problema alquanto importante ossia non si capisce se il lessema Massoneria sia stato usato come mero nomen iuris o condizione peccaminosa di stato, e non mi sembra poca cosa per una dichiarazione ufficiale. Da cattolico, poi, mentre sono riuscito a metabolizzare con fatica il “nuovo conciliare” in quanto molto attaccato alla vecchia tradizione catechistica di Pio X, oggi mi sento del tutto disorientato. Vorrei confidenzialmente ricordare che uno dei miei riferimenti nella formazione teologica è stato, in gioventù, un nostro familiare, il teologo Mons Arialdo Beni, autore di diversi tomi di Teologia Fondamentale, il quale prima del Concilio mi parlava di vae Lutero, che lui metteva proprio all’inferno!, vae a coloro che praticavano la cremazione, vae ebrei… fra l’altro questa disapprovazione, che mi ha sempre scandalizzato, era inserita nella liturgia della Settimana Santa prima della riforma liturgica del 1966… ecc, in seguito, ossia dopo il Concilio, il cugino di babbo, Arialdo, ha approvato i Pontefici che pregavano sulla tomba dei protestanti, ha ammesso la cremazione, ha sostenuto l’abbraccio, giustamente e cristianamente da farsi già da sempre, dei “fratelli ebrei” ecc. … ed il “nuovo” del Concilio, dopo gli anni ’80, dov’è finito? Nelle fontes conciliari vi era anche una “risposta” in materia di Massoneria, così come evidenzio nel mio articolo, e certamente non è quella adottata nell’interpretazione della Dichiarazione sulla Massoneria!
    Ma vi è qualcosa di ancor più attuale che ci impone una “revisione” di quegli atteggiamenti che, nel considerarli, talvolta, produttori del “bene”, di fatto hanno “allontanato” molti credenti. Padre Sorge in un recente intervento su Aggiornamenti Sociali sostiene, “… l’impressione generale è che ancora la “comunità Ecclesiale non si sia rassegnata alla fine del “regime di cristianità”. Lo si ammette a voce e per iscritto, ma nella vita concreta e nell’impegno pastorale si continua come nulla fosse accaduto… … ciò porta la Chiesa a vivere sulla difensiva, con il rischio di vedere dappertutto attacchi e nemici, fomentando un clima di vittimismo. Di conseguenza cresce l’avversione per il mondo moderno, ogni critica rivolta alla Chiesa viene sentita come un’accusa e respinta con intolleranza, si fatica a riconoscere i propri torti…” , quindi è come se rifiutassimo la modernità e la contemporaneità negando di capire che cosa sia un’associazione o quant’altro … e quando si rifiuta la conoscenza dell’altro si creano dei mostri inutili e talvolta inesistenti; sicuramente oggi non esiste un’unica associazione massonica e, per quello che ho potuto vedere dall’interno quale direttore responsabile per diversi anni della rivista Officinae, la Massoneria non è certo un pericolo attuale se non per se stessa! Certamente non ha quel metodo che gli viene attribuito dalla “Dichiarazione… del 1983”, perciò potremmo dire che quella stessa Dichiarazione potrebbe non essere efficace perché i presupposti da cui parte, perlomeno oggi, non esistono, a meno che non la si voglia consegnare ad una prudente attività di ermeneutica degli operatori (ex codice attuale ndr)… cosa che gli attribuisco in re, infatti nel codice del 1917 si parlava di scomunica… ora si parla di peccato grave “… non si possono accostare ai sacramenti” che sotto il profilo teologico/giuridico sono due cose ben diverse.
    Devo però ammettere, e con ciò concordo con Introvigne, che la Chiesa Cattolica talvolta deve dare segni di severità quando incontra dichiarazioni come quelle rilasciate dal Presidente del Grande Oriente d’Italia (GOI), Avv Raffi, il 12 aprile 2007, a Rimini. Così esordiva: “… da tempo abbiamo espresso la nostra preoccupazione sul fatto che la laicità dello Stato si stia profondamente annacquando. Ogni tema cruciale diventa oggetto di negoziazione tra teologia e mondo laico, tra proclama da crociata e richiami al dogmatismo religioso ed accordi più o meno sottobanco, in un mercato delle libertà che ci appare inqualificabile…”. Sicuramente, a mio giudizio, è stato un intervento che è andato al di là suo mandato statutario rappresentativo, quindi, sempre a mio modesto modo di vedere, non aveva il potere di trattare quell’argomento e gli è pure mancato la lungimiranza nel valutare l’opportunità “politica”: se attacchi… poi non ti lagnare se vieni contrattaccato!
    Comunque, tutto il mio lavoro non era indirizzato a far approvare la Massoneria in ambito cattolico, poco me ne cale, piuttosto, partendo anche da questo specifico argomento volevo mettere in evidenza l’esigenza che si avverte nel ”popolo di Dio” di un nuovo metodo di evangelizzazione ed un maggior rigore scientifico in materia teologica; d’altronde questo mio anelito viene confermato anche dagli accadimenti di questi giorni… errare la redazione di un Catechismo, e non è stato l’unico errore negli ultimi tempi… ci dovrebbe far riflettere tutti!
    Confesso ed ammetto un certo “scarto” scientifico nella mia esposizione per il fatto che, da cattolico praticante, mi sono cucito anche il ruolo riconosciutomi dal Concilio di “sacerdote laico” e con ciò rivendico il diritto di “essere attivo” nella propaganda fidei… però riconfermo che la precisazione del Prof Introvigne è scientificamente vera dal punto di vista formale: la lettera di Ratzinger non è una mera allocuzione ma una “dichiarazione ufficiale” ed è assimilabile all’approvazione pontificia speciali modo… m… .
    Di nuovo grazie al Prof. Introvigne per l’attenzione e per il tempo che mi ha voluto dedicare ed anche per tutto quello che fa di eccezionalmente bello nel suo lavoro di sociologo, giurista e di vaticanista. Il nostro modesto “sito” è a Sua disposizione.
    Grazie di cuore.

  3. 3. M.S. Says:

    L’autorevole intervento di Massimo Intravigne dà senz’altro spessore al dibattito.
    Il riferimento all’intervento di Giovanni Paolo II è opportuno, ma credo che le parole del Papa, proprio per l’importanza non solo politica ma in quanto interagente sulla coscienza del semplice credente, meritino un’interpretazione ed un approfondimento per acquisirne adeguatamente il messaggio. Secondo me, va interpretata anche l’approvazione pontificia alla Dichiarazione sulla Massoneria, altrimenti la dottrina e tutta la teologia cattolica diviene statica quando di fatto, in tutta la storia del cristianesimo ed del cattolicesimo, trae forza di verità proprio nel dinamismo.
    La preoccupazione degli ultimi Pontefici, a me sembra, sia quella di superare i vincoli del relativismo recuperando l’identità del messaggio cristiano cattolico, ma per far questo non bisogna arroccarsi in modo acritico sull’ “ipse dixit”, anzi, per recuperare l’identità si deve andare all’essenzialità del messaggio: occorre molto coraggio perché si deve andare al di là delle opportunità della realtà politica. Comunque credo fermamente che anche lo stesso Cardinale Ratzinger fosse cosciente di questa opzione ermeneutica della sua Dichiarazione sulla Massoneria.

Leave a Reply