Ott 25

GHEDDAFI linciato

SIMONCELLI muore tragicamente in pista

Si è sempre detto che una comunità, o meglio una società organizzata, va in crisi quando i suoi membri diventano troppo pragmatici e orientati verso il solo bene del “soggetto singolo”.

Si è detto anche che un gruppo sociale va in crisi quando giustifica i suoi comportamenti pragmatici ricorrendo in maniera formale ed ossessiva alla morale, all’etica, ossia sconfina nel “moralismo”. 

Appena nell’ultima settima sono accaduti due eventi, sia pur drammatici, eloquenti e perfetti indicatori di un consesso sociale, direi mondiale, in preda, appunto, a falsi “moralismi” e quindi solo alla ricerca di un’autoassoluzione non altrimenti possibile proprio per nemesi storica.

PRIMO EVENTO: Gheddafi è caduto, lo hanno preso i ribelli e lo hanno linciato.

In tutto in mondo occidentale ci siamo stracciati le vesti per la brutalità della soppressione del “sanguinario dittatore”.

Ma perché sanguinario?

Mi sembra per un dato di fatto, ma soprattutto anche perché così lo ha definito l’Occidente con la sua propaganda:… “dittatore… che alimenta il terrorismo islamico…”mandante ed attentatore…” “dittatore che calpesta i diritti civili nel suo paese…” ecc.

Nei fatti, Gheddafi, nell’epilogo di un’escalation militare occidentale che si diceva sostenitrice delle ragioni dei ribelli, è stato catturato dalle forze rivoluzionarie e, dopo essere stato malmenato per qualche decina di minuti, è stato ”matato” con un colpo di pistola alla tempia, né più né meno di un colpo di grazia finale.

In Occidente, quasi tutti, si sono scandalizzati per questo tragico epilogo: “…un dittatore sanguinario è stato giustiziato”.

Si è giustificato questo sdegno sostenendo che al “dittatore prigioniero” è mancato un regolare processo, come quello che fu fatto a Saddam Hussein per poterlo poi “strozzare” con una corda al collo sulla forca.

Sinceramente se dovesse toccare a me, non saprei fra le due morti quale scegliere: se quella per impiccagione dopo giorni e giorni di attesa, dopo alcune ore di preparativi in una sala antistante quella del patibolo, la salita sullo sgabello, la liturgia delle parole sacre, un’ultima lettura della sentenza… ecc, oppure quella di qualche sonora bastonata e cazzotto ben assestato, ma rito durato solo alcuni minuti, e poi un colpo di grazia.

E’ mancato un regolare processo di condanna formale, con giudici in toga e parrucca, con riferimento a leggi… già ma a quali leggi? Quelle islamiche? Quelle del diritto penale internazionale occidentale? Quelle dei diritti umanitari? Se se ne è parlato da parte di statisti insigni le leggi di riferimento saranno state certe! Ma non si è capito quali! Quelle per bombardare anche i civili o quelle per emanare una sentenza di condanna di un dittatore? Ma le due cose mi sembrano intimamente connesse!

Appunto, ma allora con quale criterio e secondo quale legge internazionale già da molti mesi l’Occidente e la NATO avevano iniziato un bombardamento proprio di Gheddafi e le sue forze militari? Si sarà fatta una “valutazione di condanna” riferendosi a delle norme internazionali cogenti, o no? O l’interesse politico ed economico è andato al di là delle leggi e della morale? Altrimenti si potrebbe pensare che dalle nostre parti una mattina ci siamo alzati ed abbiamo cominciato a bombardare la Libia guidata da Gheddafi perché così ci andava. Al contrario, poi, si è sostenuto che questo intervento corrispondeva ad un atto di giustizia dopo aver rilevato una pericolosità sociale del Gheddafi e quindi aver “emanato una condanna”, confermata dai fatti!

Se non vogliamo essere ipocriti, in Occidente, Gheddafi lo si era già condannato da anni… anzi… l’intelligence dei vari paesi occidentali lo aveva “attentato” senza successo per una cinquantina di volte. Vogliamo forse sostenere che mettere una bomba sotto la sedia di una persona da parte di un qualsiasi Servizio Segreto, e senza processo, non conta come azione da riprovare? A meno che ci sia stata una sentenza.? O C’era una sentenza per cui la CIA poteva ed un altro no?

Il Rais della Libia era indifendibile, ma dobbiamo anche accettare la fine di ogni dittatore così come la storia decreta da secoli. Proviamo a calarci nel 1945… a Dongo… a Piazzale Loreto… si vuole forse sostenere che i Partigiani e le Comitato nazionale di  Liberazione compirono un atto di brutalità contro l’umanità?

Proviamo anche ad entrare nei panni di quel padre libico che ha visto il proprio figlio ucciso da un dittatore, caliamoci nei panni del figlio, del fratello, della moglie insomma di tutti coloro che quel dittatore di Libia ha reso orfani di un parente… e allora il palo nel sedere che si dice abbia avuto ficcato Gheddafi è ben poca cosa, secondo quei molti che da un quarantennio sono stati sodomizzati in continuità!

Moralismo occidentale, che denota una decadenza preoccupante dei costumi e dell’etica sociale: addirittura due aerei, francesi ed americani, hanno impallinato il dittatore in fuga per farlo cadere in mano alle Forze Rivoluzionarie per la liberazione della Libia, gente “incazzate come iene” perché per anni sono stati messi alla fame dal dittatore e dalla sua tribù di figli arroganti, e poi ci si scandalizza perché questi hanno dato il mozzico letale? Moralismo occidentale che si ripara dietro il formalismo delle liturgie processuali trascurando la legge sostanziale ed altresì applicandola come il potere dell’Occidente crede meglio, ossia ad usum delphini!

Mi sono visto proprio in questi giorni il film di Sorrentino The Must Be The Place consigliatomi dalla mia più che amica Anna Rita; ebbene quando Cheyenne trova finalmente il nazista aguzzino di suo padre e lo fa camminare ignudo sulla neve senza ucciderlo, mi è venuta spontanea la domanda: cosa separa la punizione dalla vendetta, in nome di chi e cosa applichiamo la legge, come possono convivere bellezza e orrore?

Diciamo solo che è stata la fine di un dittatore, fine che ogni tiranno deve mettere in conto quando agisce da despota ed è questa la vera giustizia, quella della storia che va al di là di quella degli uomini. Bando all’ipocrisia!

SECONDO EVENTO: in questi giorni i giornali titolano a quattro colonne: “un giovane motociclista professionista di 24 anni è tragicamente morto su una pista mentre sfrecciava a 250 all’ora! Il mondo dei giovani è in lutto, tutta l’Italia lo piange”.

A me Simoncelli era simpatico per due morivi, primo perché come persona era amabile zuzzurellone romagnolo e secondo perché sono un amante della libertà che dà una “due ruote”. Quel ragazzo faceva un mestiere che dava a lui fama e ricchezza se pensiamo a qualche suo collega che solo, di evasione fiscale, si era intascato “cento milioni di euro in pochi anni”… ma ci dobbiamo domandare anche quanto questo ragazzo, al di là di un’innegabile simpatia, costituiva un modello “pericoloso” per schiere di giovani che corrono all’impazzata sulle nostre strade e poi si schiantano come ricci! Dobbiamo commuoverci, sicuramente per questa vita persa, ma dobbiamo pensare anche a quelle vite perse per ugual motivo da persone che seguono questi mal posti modelli di vita giovanile.

Ma., ma ci dobbiamo commuovere anche per quel ragazzo albanese che, 23 anni, moglie di 21, un figlio di due, una figlia nascitura fra qualche tempo, millecento euro al mese, è venuto giù dal tetto ed è morto… ma nessuno lo ricorda. Solo un trafiletto nella cronaca locale di un giornale di provincia: “tragico incidente muore a 23 anni in un cantiere edile. Lavorava in nero”.

Falso moralismo, lacrime di coccodrillo di tutti i membri del carrozzone che animano le corse, che lucrano sulla pelle dei piloti giostranti, che lucrano distribuendo idee ed immagini falsate di un mondo che non ha senso per la vita quotidiana.

Un rimedio ci potrebbe essere, ossia riappropriarsi dell’essenza della vita.

Una volta si diceva Dio, Patria e Famiglia, oggi possiamo farlo riscoprendo il valore dell’altro, della comunità, senso della vita, che non è potere, soldi e menefreghismo ma impegno costante e quotidiano, impegno che per i nostri giovani, poi, si tratterebbe di formazione, di educazione, di scuola,  proprio di quelle stesse cose che forse hanno “marinato” questi falsi eroi delle due ruote.

 

written by Marcello Sladojevich \\ tags: , , ,


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