Mar 06

Pubblichiamo da un convegno organizzato a Firenze il 25 gennaio 2013 da “LA TAVOLA ROTONDA” presso l’Hotel Michelangelo la sbobinatura eseguita da Giacomo Pagliai e Gianni Zancanaro dell’intervento di Marcello Sladojevich. Questo lavoro è da dividersi in due parti: una prima parte teorica consegnata per iscritto agli organizzatori ed una seconda parte letta al convegno dal relatore.

Un ringraziamento particolare alla Consigliera Regionale Marina Staccioli

La mancanza di lavoro provoca disagio sociale:

superiamola e vediamo come“.

1

Questa sera dobbiamo trattare del “lavoro”: “lavoro che non c’è” – “lavoro per tutti” – “quale lavoro” ecc

La coincidenza è che ero stato invitato proprio per un argomento simile dalla rivista “Aggiornamenti Sociali” a ESTE, provincia di Padova, proprio oggi ed alle 20,45, ed il tema era oltremodo interessante e forse si interconnette perfettamente con il nostro – Laici cerniera tra Chiesa e mondo: come i frutti del Concilio illuminano il mondo del lavoro oggi. 2Interviene Padre Sorge.

 Io credo che nell’affrontare questo argomento o meglio questa “problematica sociale” si compia,quasi sempre, un errore di fondo: si cercano risposte e ricette ad una questione della quale ancora non si è dato una definizione. Quindi bisogna produrre, se non proprio con esattezza, perlomeno un’approssimativa spiegazione di che cosa debba intendersi per lavoro.

 Per far ciò, preesistendo una questione sociologica a quella giuridica, dobbiamo sintetizzare delle risposte ai quesiti: che cos’è il lavoro? E ancora: il lavoro è un bene? Oppure è un valore? O entrambe le cose?

 Sinteticamente dal punto di vista socio-giuridico si può correttamente sostenere che

  1. un bene è qualsiasi entità materiale o immateriale giuridicamente rilevante e giuridicamente tutelata.

  2. un valore è (evitando la definizione incondivisibile di Nietzsche che lo cataloga come interesse egoistico) un’entità non sempre misurabile nelle dimensioni fisiche ma che comunque incide nella determinazione di comportamenti materialmente rilevanti come per esempio…”io amo e benefico una persona”, “io lavoro anche per assicurare una crescita di tutti gli altri cittadini”, “io lavoro correttamente per produrre manufatti di ottima qualità che soddisfino il venditore e l’utente e comunque non siano pericolosi, per esempio un giocattolo” ecc. Quindi quando si parla di valore si sconfina in una dimensione anche e soprattutto etica, ossia un modo di essere di un soggetto, o meglio di una persona. Il modo di essere è strumentale all’avere “un senso” che è la dimensione essenziale di libertà che compete ad un uomo.

 Quindi, nel caso che il lavoro sia un bene, quando scarseggia, va diviso fra i membri che ne vantano un jus in re, mentre se è un valore, comunque lo si deve assicurare a chiunque lo reclami o quanto meno a chiunque lo debba reclamare come imperativo morale afferente al diritto/dovere di ogni cittadino.

 Se poi il lavoro è l’una e l’altra cosa – bene e valore – la risposta è ovvia: deve essere diviso quando scarseggia, lo si deve comunque assicurare a tutti, lo si deve permettere e deve essere altresì imposto a chiunque come imperativo morale afferente al “patto sociale”.

 In questa ultima affermazione “…imposto come imperativo morale…”, che è sillogica alle premesse, emerge un punto di principio essenziale della nostra società moderna:

A) non si può vivere di sola rendita parassitaria e senza lavorare

B) allo stesso tempo non si può vivere solo per il lavoro.

 Ne consegue necessariamente che il lavoro non va considerato solo come “sinallagma”: io presto/lavoro e tu paghi, tu paghi ed io presto/lavoro…ed ognuno poi a casa sua.

No, il lavoro è legato ad una condizione materiale, la resa per il prestatore (lo stipendio) ed il prodotto, ma anche ad una serie di imperativi morali che rinviano ad un concetto di società mutualistica, solidale: il mio lavoro serve a tutti e non solo a me, per cui non lo si deve considerare come un’imposizione ma come un comportamento deontologico.

 C’è poi un’altra aporia peculiare nel concetto moderno di lavoro: ogni prodotto non è frutto del lavoro di un solo soggetto, a parte casi particolari, per esempio è certamente distinguibile l’apporto dell’operaio da quello dell’imprenditore sul prodotto finito, che comunque sia, pur distinti nelle funzioni, sono due lavoratori, per cui dobbiamo considerare oggi il lavoro in funzione e secondo una “contribuzione collettiva/comunitaria” e non soggettiva, altrimenti si rischia di far saltare il patto sociale, quello per cui siamo legati in una società civile, alla Nazione, al gruppo ecc. Si veda la nostra Carta Costituzionale: “…è una res pubblica fondata sul lavoro…” art 1..

 3Come vedete adesso ho fatto un salto nello stretto ambito giuridico della “Grundnorm”, così come la interpreta Kelsen e al cui valore fondante io associo la nostra Costituzione.

Poi il lavoro deve essere anche libero, art 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

A questo punto sorge naturale un quesito: ma tutta l’impalcatura giuridica e socio-giuridica intorno al concetto di lavoro è ancora valida?

Probabilmente no, o meglio le “intuizioni valoriali” mantengono la loro pregnanza, mentre l’impalcatura giuridico/regolamentare dovrebbe essere tutta riscritta considerando che tutti i tentativi di rappecettare l’impianto normativo sono mere attività di conservazione socio-normativa che non giovano a definire la funzione ed i ruoli ed insistono su una reale contrazione del lavoro. Tanto per essere chiari non sono d’accordo con le riforme tentate negli ultimi venti anni, dal referendum Craxi sulla contingenza in poi fino alla Biagi ed ancora peggio a quella cosiddetta Fornero, né sono in sintonia con coloro che si oppongono ad ogni cambiamento, i sindacati e certi partiti “old” di sinistra: le due posizioni, apparentemente contrapposte, sono entrambe, a suo modo, conservatrici e fuori sistema.

 Per quanto detto dovremmo cercare di costruire una nuova visione sociale del lavoro e quindi, secondo il principio dell’id plerumque accidit, facciamone seguire un’interpretazione “moderna e contemporanea” dell’impianto normante, appunto secondo i principi di bene, valore, libertà, dovere di prestare, lavorare per vivere e far vivere gli altri e non viceversa ecc.

 A mio avviso, certe locuzioni di grande effetto e tanto di moda tipo “lasciatemi 4lavorare”, “io lavoro vent’ore al giorno” “io lavoro per voi”, noi che ci sappiamo rimboccare le maniche e lavoriamo fino a notte e tutti i giorni senza una feria” “noi siamo una razza che ha la filosofia del lavoro nel sangue…(sic!)” sono esattamente l’immagine speculare dell’”Avar di Molière”: allocuzioni odievoli oltre che meschine e negazioniste dell’esistenza di una vita che non è solo materia e dove il lavoro non è la sola dimensione per identificare un individuo!

 Poiché ci siamo riferiti ad un sistema normante di diritto positivo del tipo id plerumque accidit, cerchiamo di individuare gli indicatori sociali dell’odierno plerumqe.

Enuncio solo degli esempi e conseguentemente possiamo costruirci sopra un sistema critico/pensante che sicuramente come procedimento non è quello della Fornero, né quello di Biagi tantomeno quello della triplice o quintupla sindacale.

 1) PRIMA schematica osservazione sul campo:

 a) Una macchina per essere efficiente dovrebbe essere cambiata mediamente ogni 8 anni

b) 40 mila euro di stipendio netto annuo è un ottimo stipendio… ottimo perché c’è chi vive con 15 mila euro (e qui dovrei mettere una nota…ma rinvio)

c) Un cittadino italiano dovrebbe lavorare 41/42 anni per avere la pensione a 65 anni di età.

d) Una macchina di media/alta cilindrata abbastanza comunemente posseduta da cittadini del ceto medio, costa fra i 30 ed i 40 mila euro. Sicuramente più di 40 mila se consideriamo i costi di gestione e di ammortamento.

e) In una vita lavorativa, chi ama la bella macchina impegna 5 anni lavorativi di stipendio: 8 anni di vita di una macchina e 40 lavorativi a 40 mila euro l’anno fa appunto 5.

f) E se uno volesse andare a piedi? E se non volesse fare costose vacanze all’estero? E se uno non volesse fare sport costosi dedicandosi in alternativa al piacere di allevare zucchine, conigli e pomodori? Quanti anni/lavoro potrebbe risparmiare?

 Ve lo dico io: ho fatto un calcolo approssimativo ovviamente, ma il numero è fra i 12 e i 15 anni lavorativi.

Quindi uno può scegliere secondo quel principio generale di libertà, di cui sopra, di non lavorare perlomeno 12 anni. Ed allora perché deve essere costretto a lavorare fino a 65 anni per 41 anni di contribuzione? E perché per giustificare tutti quegli anni deve consumare in maniera abnorme?

 Ne consegue un corollario “interrogativo”: e quello che non ha 40 mila euro l’anno di stipendio, ma 15 mila, cosa può risparmiare o cosa può consumare in libertà? Probabilmente nulla! Dunque noi ci accorgiamo che nel novero di una società, che necessariamente dovrebbe essere mutualistica ecc, se una visione prevalente c’è, questa è a senso unico.

 Qui si pone un problema perequativo non in termini economici ma sul fronte della libertà nell’esercizio del diritto/dovere al lavoro, questione che scaturisce appunto dalla nostra domanda iniziale: il lavoro è un bene? Oppure è un valore? O entrambe le cose?

Ed ancora, il lavoro deve essere solo sinallagmatico e legato al solo valore di mercato? Oppure dobbiamo ricorrere ad altri criteri per darne una concreta e giusta definizione?

5Il canne 302 del “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa mi sembra che meglio di altri sintetizzi la nuova istanza di civiltà: “la giustizia naturale è anteriore e superiore alla libertà del contratto”.

 A questo punto la domanda costruttiva che ci dovremmo fare, dunque, ma che è stata assente come propedeutica in ogni progetto delle ultime riforme, è: chi stabilisce il pretium laboris?

Guardate, dal mio quesito, che di fatto è una premessa, ne potrebbe conseguire una domanda/accusa ben più grave:

  • perché il nostro Capo della Polizia ha un stipendio di oltre 600 mila euro l’anno e poi anche un’adeguata pensione di quella quantità, ed un poliziotto da lui comandato solo 15 mila euro?

  • Chi ha stabilito il prezzo del lavoro dell’uno e dell’altro e con quale criterio?

Ovviamente capite che in questo sistema c’è un vizio di fondo che incide sullo sviluppo del lavoro, la sua utilità sociale, e sulla possibilità di far lavorare tutti e contemporaneamente far “goder tutti di una giusta vita”:

Sempre per esempio, se poi consideriamo la gerarchia del Ministero degli Interni da cui dipende quel Capo (mi riferisco al Prefetto Manganelli!) e facciamo la media ponderale degli stipendi pagati e diamo un giusto valore al pretium laboris di ciascuno ci accorgiamo che c’è margine di godimento per tutti e per un adeguato aumento dei posti di lavoro che assicurerebbero anche una maggior efficienza di garanzia di pubblica sicurezza…ed anche più PIL…perché una delle cause per cui non si investe in Italia è anche la mancanza di sicurezza e l’incertezza dei processi civili, quindi della giustizia.

6Come dicono? Caccia agli sprechi? Ma gli sproporzionati valori economici riconosciuti ad un singolo non sono sprechi? Chi di voi andrebbe a comprare delle sardine al prezzo di 30 euro al chilo quando il valore medio di mercato è di 4 euro? Quindi tutte le sardine, i super manager, dello Stato vengono valutate come pesce di pregio quando di fatto sono pesce azzurro di infima qualità. Azzurro, già, assonanza con Porto Azzurro bagno penale…sì…perché oltre ad essere super pagati alcuni fanno la cresta anche sugli appalti, come sembra proprio sia accaduto nel Ministero degli Interni! Certamente la corruzione non porta lavoro e sviluppo! Quindi la questione lavoro è legata anche ad una questione etica propedeutica.

Lo stesso ragionamento lo si può fare nella scuola, nelle Forze Armate, lo stesso ministro della difesa in carica, ex generale, ha una pensione di circa 400 mila euro l’anno! Ma anche lo stesso Passera, mi sembra avesse uno stipendio di oltre un milione l’anno! Per ministeri altri non porto esempi di corruzione e di dipendenti super pagati perché basta aprire un giornale per averne una fotografia esaustiva!

 Se però qualcuno di voi mi vorrà tacciare di essere un vetero-marxista, mi offendo e rispondo con degli esempi reali: Obama guadagna l’equivalente di 300 mila euro l’anno, la Merkel 160 mila mentre da noi un semplice Direttore Scolastico Regionale, che poi non ha nessuna funzione utile, 350 mila! Clini che era un mero direttore ministeriale, prima di fare il ministro, prendeva 200 mila euro ed oltre! A proposito dell’ex direttore ministeriale…è stato fatto ministro!

Managgia, mi ricorda qualcuno che fece senatore il suo cavallo! Va beh, di quadrupedi senatori in Italia ce ne sono ancora…e forse per questo zoppicano le norme sociali! Ma veniamo a Clini: lo sapete che le lavorazioni tossiche pericolose sono state spostate da Genova a Taranto con una circolare che porta la sua firma!

La questione Taranto quanto costa economicamente e socialmente? Senza poi valutare la questione malattie e qualità della vita che fa emergere anche una grave questione di diritto naturale primario!

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Sto parlando di lavoro…a Taranto si lavorava…si doveva fare produzione! Alla faccia della “total quality”! Ovviamente in questo contesto non mi riferisco ad una TQM (total quality manager), ma a quella passiva e socialmente apprezzabile!

 Perché è accaduto ciò come devianza dai principi costituzionali, ma anche dai principi giuridici e sociali fondanti del nuovo patto sociale instaurato nella società moderna?

 Per un semplice fatto, non si sono adeguate, o meglio riformate le istituzioni giuridiche di fronte alla trasformazione della società e del lavoro in genere.

Per esempio il concetto di “collettivo” nel sistema giuridico lavoristico individua una specie di modello generale di contratto tipo, con il quale in seguito si instaurano tante relazioni giuridiche sinallagmatiche di tipo soggettivo: ogni soggetto ha un proprio rapporto con il datore di lavoro, ossia contratto di lavoro unico e rigido come modello di riferimento, obbligazione lavorativa “singola”.

Ebbene questo modello interpretativo ha snaturato le istanze normative sociali fondanti del secolo scorso, soprattutto quelle distillate dopo la seconda guerra mondiale, svuotando di significato la funzione sociale e di valore aggiunto comunitario del lavoro e mantenendo altresì in essere l’aspetto parassitario del datore di lavoro… che con il tempo non è riuscito fino in fondo a diventare “imprenditore” ossia colui che a suo modo comunque lavora nella filiera produttiva.

Un concreto esempio lo si trova quando il pretium laboris del manager lo si stabilisce con l’effetto moltiplicatore fra numero addetti e risultati economici.

 Per esempio, il signor Marchionne guadagna tantissimo perché ogni obbligazione lavorativa di ogni dipendente Fiat costituisce una specie di royalty, quindi ha un effetto moltiplicatore aggiunto ai risultati economici centrati dal manager…che fra l’altro questi presunti risultati esulano da una valutazione più complessa, quella patrimoniale (la Fiat sta guadagnando ma non patrimonializza!) altra abnormità funzionale del nostro sistema produttivo dove l’alchimia finanziaria del processo assume maggior pregnanza rispetto ai valori sociali/produttivili/utilitàconcreta del lavoro.

 Quindi andrebbe rivista non tanto la normativa di tipo regolamentare ma piuttosto quella che assorbe gli elementi valoriali che presiedono all’imput formativo della norma lavoristica…norma nella sua generalità, astrattezza, bla, bla, ecc.

8Quindi si tratterebbe, come dice padre Sorge in “Studi sociali” e come credo che dirà stasera ad Este, di “dare un senso ad una condizione” che sta a significare la necessità di evidenziare uno valido strumento per raggiungere la condizione primaria di giusto equilibrio”.

 A questo punto, risolte le questioni propedeutiche al tema, possiamo scendere in re e domandarci se sia possibile più lavoro in Toscana e quale lavoro.

 Prima schematica osservazione sul campo

 1) Solo nel comune di Montespertoli ci sono quasi 500 badanti censite…il che vuol dire che ce ne sono perlomeno 600 in attività

2) Il loro è un lavoro trasparente? E’ un lavoro giusto e senza sfruttamento? E’ una domanda necessaria altrimenti ci collocheremmo al di fuori di ogni impianto del diritto del lavoro.

3) Strutturalmente la popolazione invecchia e quindi insorge una necessità sociale e mutualistica che impone anche di preoccuparsi del destino dei non autosufficienti

4) Nel nostro comprensorio ci sono perlomeno due grandi Fondazioni bancarie ed altrettante banchine cooperative con altrettante Fondazioni ONLUS: la san Miniato, La Firenze, la Volterra, la Lucca, la Pisa, la Livorno ecc

5) Queste Fondazioni recentemente hanno evidenziato un problema piuttosto grave: il rischio di disperdere il patrimonio della stessa Fondazione, per lo più investito, come è ovvio, nella Banca spa di riferimento e collegamento.

6) Queste Fondazioni, per lo più, per statuto distribuiscono parte delle loro rendite, ex banche operative, in una serie di attività benefiche nel territorio di riferimento: 5000 euro alla festa del patrono, 3000 euro alla manifestazione ciclistica, 10.000 euro al premio letterario di poesia di Groppoli ecc, insomma, a palmo di naso…ma basta andare a leggere i bilanci, ogni Fondazione disperde mediamente un paio di milioni l’anno in attività non proprio produttive, certamente non per un vero e proficuo impatto sociale vantaggioso.

7) Nella congiuntura moderna con patrimoni a rischio, queste fondazioni stanno fra l’altro riducendo queste distribuzioni benefiche e si stanno indirizzando verso “investimenti differenziatifinalizzati alla conservazione del loro patrimonio (non di ’incremento…sono anche antievangelici perché la parabola biasima che mise il talento sotto l’orcio e non lo fece fruttare!): non più investimenti e depositi nella banca di riferimento ma in altri prodotti, come assicurazioni, azioni di altre banche ecc. ma sempre finanziari. Accade quindi che una Fondazione con funzioni istituzionali “benefiche” scarnisca il proprio fine per contingente congiuntura. Ma la loro operatività di mercato rimane la stessa: continuano ad indirizzarsi alla mera finanza speculativa sia pur in ambiti diversi. C’è anche un paradosso in questi comportamenti gestionali: mentre cambiano le istanze socio-economiche, costoro non si omologano al “nuovo/moderno” ed al “contemporaneo” ma si ristrutturano per conservare lo status quo ante!

98) Se ogni banchina azzerasse la distribuzione annuale a pioggia e facesse dei piani triennali o quinquennali di “investimento sociale“, per esempio in RSA (case di riposo), una fondazione come “la Firenze” potrebbe ogni 3/5 anni edificare RSA per una capienza fino a ca 1.500 persone/ospitate . Ho detto potrebbe!

9) Una tale struttura fra indotto ed occupazione diretta muove all’incirca 4000 posti di lavoro e non solo (statisticamente il rapporto dei servizi sanitari è 1 malato e 3 alla logistica), ma mette in moto un circolo virtuoso in materia di assistenza e sanità alleggerendo fra l’altro gli oneri organizzativi dell’assistenza pubblica, quindi potrebbe anche generare efficienza nel pubblico e posti di lavoro nel privato!

10) L’Ente Fondazione bancaria dovrà poi conferire in gestione, ovviamente per non gestire in proprio, a terzi, per esempio ad una cooperativa di “A” e “B” o ad altra impresa di servizi la struttura pretendendo la “giusta resa” ma prezzo di tipo “politico”: gli esperti parlerebbero di congruità produttiva e sociale di un 2-3% del capitale investito. Così facendo, una fondazione “patrimonializza” ciò che dovrebbe distribuire in improduttiva beneficienza. Inoltre gli odierni stipendi dati alle badanti non alimentano i consumi interni!

12 Non mi dilungo oltre, ma spalmando sulla sola Toscana un’iniziativa di questo tipo senza disperdere capitali ed avendo sul nostro territorio una trentina di fondazioni, più o meno grandi, in una decina di anni si possono interessare più di 50.000 mila addetti, fra diretti ed indotto, ma soprattutto si fa un’opera di previsione-prevenzione-soluzione di un problema che sicuramente si porrà fra una ventina di anni: società invecchiata per cui occorreranno maggior oneri sociali per farvi fronte. Aggiungo che in materia di previsone-previdenza-assistenza anziani si pongono anche dei gravi problemi morali e normativi di etica sociale: o si trova una soluzione all’assistenza degli anziani o si dovrà ex abrupto emanare normative per una facile “eutanasia”.

In tal senso una Fondazione bancaria non solo contribuirebbe all’occupazione ma potrebbe assolvere meglio gli obblighi statutari, attualizzati naturalmente, dando altresì una vera funzione sociale al denaro raccolto facendo ricadere gli effetti benefici sul territorio.

Noi crediamo che Banca Intesa San Paolo, che ha acquisito la Firenze, sia in sintonia con questi nobili obiettivi? Compreso quello di promuovere posti di lavoro sul territorio e dando credito agli artigiani ed agli imprenditori ed interessandosi alle questioni sociali?

Certamente no come è evidenziato dai fatti. Quindi in seguito ci dovremmo anche occupare della difesa territoriale delle specificità degli Istituti di credito!

 Potrei apparire fin troppo fantasioso e poco credibile ma un banchiere lombardo, Aldo Poli della Fondazione Banca del Monte Lombardia, definendo questa nuova funzione delle Fondazioni bancarie, nella sua lectio magistralis all’Università di Pavia dal titolo – “Le Fondazioni di origine bancaria a sostegno dello sviluppo e della solidarietà: la Fondazione Banca del Monte di Lombardia” – ha coniato una locuzione “funzione pro-attiva delle fondazioni bancarie”, Lui il sociale l’ha individuato nella cultura e nel sapere ed ha appunto finanziato la Fondazione dell’Università pavese…che non è un RSA… ma comunque ha un’alta funzione socio-economica a grande valore aggiunto.

Seconda schematica osservazione sul campo

 1) Ad inizio anni ’90 si è privatizzato il pacchetto Enel con un provvedimento generico.

In Toscana il pacchetto Ente/Enel aveva alcune attività specifiche del tipo Geotermia a Larderello e C.R.T.N (centro di ricerca geo-termo-nucleare) a Pisa.

Queste due attività occupavano fra addetti diretti ed indotto, a Pisa e Larderello, fra i 7 e 10.000 soggetti. L’Enel era 8ed è ancora) partecipata per maggioranza dal Tesoro. L’Enel dava reddito, quindi non produceva debito alla Stato, pur investendo in questi settori. Smantellandoli, o quasi, si è avuto resa economica, ma si è avuto in prospettiva minor valore aggiunto…ed anche minor posti di lavoro.

 Infatti quando si è privatizzato l’Ente Enel in unico pacchetto non si sono tenuti in debito conto queste specificità e si è pensato solo alla mera produzione e vendita di energia. Fra l’altro la nuova Enel privata si è buttata sui mercati a fare acquisizioni e vendite, insomma un mero “old business” di tipo finanziario e/o brocheraggio, cosa fra l’altro innaturale per questa azienda!

2) Con il nuovo assetto, in nuova Enel spa si è quasi spenta ogni attività di ricerca e sperimentazione: niente vera ricerca di nuovi metodi e materiali nella geotermia, niente in ambito termo-nucleare e niente ricerca nelle energie rinnovabili tipo idrogeno, solare ed eolico. Sto parlando di ricerca pura.

3) Qui presente stasera c’è il candidato al parlamento David Ermini, lui essendo di Figline Valdarno sa bene che un condominio della sua città ha adottato la climatizzazione sperimentale con le microsonde ecc,. Mi domando, non poteva il centro di ricerca Enel Geotermico di Pisa affinare

queste tecniche e dare valore aggiunto alla società, creare nuovi posti di lavoro nel campo delle “rinnovabili” e contribuire al risparmio della bolletta energetica nazionale e contribuire al minor inquinamento? Dunque il CRTN una funzione in prospettiva ne aveva!

11 (A lato ricercatori CRTN a Pisa nel 1991)

 Chi investe oggi nel campo delle energie rinnovabili in Italia? La ex Electrolux che non è mai partita e dove la regione Toscana ha disperso denari senza risultati? Oppure la Power-one di Terranuova Bracciolini che compra brevetti in Usa e produce molto all’estero?

Non sarebbe stato meglio e più produttivo e socialmente utile che un’azienda – l’Enel spa – già strutturata e completamente autofinanziata senza costi sociali e condizioni debitorie continuasse in questo settore? Ed intanto a Pisa e Larderello si sono persi posti di lavoro e know-how.

 Se si fossero valorizzati questi due centri ex Enel, invece di comprimere i posti di lavoro, come ha fatto Enel riducendo appunto ,più o meno circa 5000 unità operative fra occupati diretti ed indotto, oggi avremmo possibilità di valore aggiunto nel campo delle nuove tecnologie e valore aggiunto nell’occupazione…a costo zero! Il nostro amico Conti, AD Enel, è vero che dà un buon dividendo agli azionisti, che poi potrebbero considerarsi anche rendite parassitarie, ma ha impoverito i comprensori ed un sistema di lavoro integrato.

 Terza schematica osservazione sul campo

 1) In Toscana, nel sistema formativo, ci sono fra i 5.000 ed i 10.000 mila precari fra scuole primarie, secondaria di primo e secondo grado.

2) E’ un calcolo complesso che risulterebbe molto complicato in questa sede, ma, ripristinando e migliorando la riforma Berlinguer ignobilmente azzerata dalla Moratti, potremmo risparmiare, a livello nazionale, fino a 6/7 miliardi di euro di sprechi o investimenti inutili ed improduttivi. Se poi si reinvestissero questi risparmi in un’organizzazione scolastica diversa

potremmo, mentre comprimiamo 50 mila posti di eterni precari, creare fino a 500 mila nuovi posti di nuove professionalità, ovviamente fra addetti alla formazione e poi all’occupazione reale…oviamente in Toscana recupereremmo i 10,000 precari e posti anmcora.

 In merito allo sfocio occupazionale dico solo questo: in Toscana mancano 50.000 addetti alle vecchie professioni di fabbro, falegname, verniciatori, saldatori, sarto ecc. però…c’è un però: se uno volesse imparare a fare il falegname dove va? E se poi uno avesse una professionalità specifica dove trova il credito per iniziare? Dalle banchine di cui sopra? Teniamo conto anche di questo capitolo di domanda occupazionale!

 In famiglia, io, mio fratello e mia moglie fondammo una ventina di anni fa una rivistina regolarmente iscritta al Tribunale – The Professional Competenze, Rivista di Etica ed Organizzazione Aziendale – esce un paio di volte l’anno.

Ebbene, nel numero 2 del 2010 ospitammo un articolo di Giacomo Filippini

Progetto di sviluppo per un museo dei rotabili storici di Pistoia e la Ferrovia Porrettana: “un treno di idee per superare la crisi economica e sociale”.

Esattamente a pagina 20 nel Capitolo 6-1,2 l’autore affronta il tema della formazione di old professionalità ma che sarebbero ancora richiestissime dal mercato locale.

Alcune scuole ed istituti tecnici del pistoiese da lui individuate avrebbero potuto addestrare gli allievi sul campo, per esempio riparando i vecchi treni nelle officine FFSS ancora attive di Pistoia – anche le FFSS sarebbero diventate pro-attive! -, elettricisti, caldaisti, saldatori, verniciatori, tappezzieri, falegnami si sarebbero formati sul campo e così mentre si riparava e valorizzava il patrimonio storico delle FFSS a costo zero, si costruiva formazione e professionalità, insomma mestiere e conseguenti posti di lavoro!

 Ovviamente molti, politici soprattutto, hanno elogiato queste intuizioni di Filippini ma poi, mai nessuno lo ha chiamato nelle commissioni e nei luoghi dove certe intuizioni dovevano essere elaborate per diventare anche operative!

Sarà difficile creare nuovi posti di lavoro se a decidere continueranno coloro che non sanno come crearli!

 Quarta osservazione sul campo

 1) Mi faccio e vi faccio una domanda: produrrà di più il piano regolatore a metri cubi “zero” o un piano regolatore… che oggi in Toscana si chiama “Piano Strutturale”, di tipo classico con incremento esponenziale dei metri cubi edificandi? 14

2) In Toscana abbiamo un’eccedenza del 30% di immobili per civile abitazione ed uso diverso, quindi una quantità di immobili sfitti o invenduti con conseguente eccessivo abbattimento dei valori patrimoniali per cui oggi si parla di collasso dell’edilizia.

3) In Toscana abbiamo il 20% di immobili fatiscenti o vetusti. C’è chi parla addirittura di oltre il 40%

4) E’ lecito domandarsi se è meglio recuperare l’esistente per valorizzarlo e di conseguenza dare lavoro oppure costruire di nuovo per avere più invenduto e depatrimonializzazione? E poi ci dobbiamo chiedere se il costruire di nuovo in maniera esponenziale e non necessaria oltre a depatrimonializzare l’esistente può essere negativo per l’ambiente con conseguente depauperazione. E l’eccessiva cementificazione può creare dissesto ambientale con maggior costi e non rese?

 Gli esperti ci dicono che un’edilizia di recupero dà lavoro progressivo e non “bolla momentanea di sviluppo” com’è appunto accaduto nel recente passato, quindi mantiene costante la domanda di lavoro, e se ben organizzato “il ristrutturare” a conti finiti costa meno del nuovo. Fra l’altro l’incontrollato sviluppo edilizio di questo recente passato ha richiamato spesso sul nostro territorio imprenditori…di origine mafiosa che spesso ha utilizzato l’edilizia per il riciclaggio del denaro, cosa che non sarebbe accaduta con uno sviluppo controllato ed armonico del settore.

Per il recupero edilizio e del patrimonio artistico e della messa in sicurezza dell’ambiente nella sola Toscana si possono ipotizzare oltre 100 mila posti di lavoro e posti a gestione controllata!

 Ma non costano mica nulla! Basta investire nella “tipicità” italiana: il patrimonio artistico e culturale! Che darà resa.

E’ Chiaro? L’investimento non è costo! Che ne dicano certi ministri di oggi, di ieri e di anti ieri!

 Il problema è chi potrebbe finanziare. Ma qui si aprirebbe una querelle intorno alla funzione degli istituti di credito ed al sistema fiscale italiano ove i primi fanno di tutto fuori che la funzione bancaria vera e l’altro crea solo esazione pescando nelle fonti certe e comunque non investe o quantomeno non fa investire! Ovviamente in merito alle banche…mi pizzicano le mani…ma qui in sala vedo Alfredo Monaci che in MPS ha i suoi problemi…o meglio ci ha dato i suoi problemi. Non vorrei sparare sulla Croce Rossa…ma sulla funzione pro-attiva delle banche insisto da molti anni, come potete reperire nelle mie pubblicazioni, e come da anni insisto sul fatto che le banche non debbano entrare nei consigli di amministrazione delle società produttive di beni o di servizi e tantomeno diventare società immobiliari!15

Ultima osservazione sul campo

 Nel mondo artistico culturale (beni cultuali) possiamo rendere proattive le fondazioni anche bancarie e non solo.

Nel campo ambientale si potrebbero finalizzare i cassaintegrati, già per lo più pagati, a lavori socialmente utili…che poi diventerebbero lavori stabili quando gli ingranaggi si sono messi in moto.

Comunque con un sistema di investimento comparativo fra fondi destinati alle emergenze ambientali ed investimenti veri faremmo sicurezza e sviluppo del tipo: a mano a mano che si migliora l’ambiente diminuiscono le emergenze e quindi diminuiscono anche i costi! Ma aumentano anche i posti di lavoro!

 Conclusioni –

I politici ed i centri di potere vari, professionali e non di solito sono deputati a nominare i membri dei consigli di amministrazione, per esempio di Enel, Banche, FFSS, Associazioni varie come Camere di Commercio ecc., costoro sappiano scegliere, non solo in coscienza, che della coscienza politica e lobbistica mi fido poco, ma soprattutto in scienza…appunto nominino in scienza persone capaci ed effettivamente formate alla “modernità” e “contemporaneità”… e non dedite a conservare lo status quo ante.

 In ultima analisi, sempre in tema di lavoro-resa-sviluppo, secondo il tema di questa sera, ripeto che dobbiamo ritornare quantomeno al valore etico di un “obolo” minimo vitale come accade in molti paesi evoluti dell’Europa occidentale, bisogna pensare a quello che altrove si chiama “RENDITA di CITTADINANZA”. Anche questo potrebbe essere denaro di attivazione del sistema del consumo. E siccome qualcuno potrebbe contestare questa mia ultima istanza, da internet ho scaricato una sinossi ove si evidenziano i paesi che hanno da lungo tempo adottato la rendita di cittadinanza.

17Consegno al moderatore la scheda a mo’ di sfida e provocazione! Consegno altresì al “moderatore, l’amico Gabriele Parenti, il mio intervento per esteso che non ho sviluppato per intero per evidenti motivi di spazio temporale. Ma mi rendo disponibile per l’associazione promotrice di questo convegno ad altri incontri di approfondimento. Soprattutto mi rivolgo alla Consigliera regionale Marina Staccioli perché, se vuole, mi coinvolga nel suo “operare” che apprezzo e condivido.18

20Dunque per lo sviluppo, le risorse ci sono e si potrebbero trovare nella perequazione di cui parlano da tempo due giovani promesse, anzi realtà, politiche la MELONI e RENZI… ma di cui ne ha parlato lungamente in passato anche il sottoscritto e non in nome proprio ma quale allora “responsabile nazionale affari legali e comunicazione” del sindacato CISAL FAILE.21

written by Elena Sladojevich \\ tags: , , , , ,


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