Dic 14

di Stelio W. Venceslai

Sotto una pioggia inusitata e violenta si scioglie la penisola: cola fango dalle colline, franano gli speroni delle montagne, i fiumi traboccano, anche i torrenti più miserabili esondano portando disperazione, distruzione e morte. Il mare solleva onde mortali mordendo le coste italiane. Una lunga tempesta, non certo l’ultima di una lunga serie, dissesta sempre di più il nostro Paese, le Pays du soleil.

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Cascinali sommersi, cavalcavia trasformati in laghi mortali, città inondate d’acqua e di fango, campagne distrutte, morti un po’ qui e un po’ là. Un disastro. Un disastro che si ripete ogni volta in modo più grave, un disastro atteso, mai prevenuto, mai contenuto, mai evitato. Dopo tanta acqua, come al solito, ci sarà la siccità. Come milioni d’anni fa.

Da questo disastro ripetuto emerge la feccia politica del nostro Paese, i responsabili delle disgrazie italiane. Non hanno programmato, non sono intervenuti prima per prevenire e poi per ricostruire, non hanno legiferato e, se lo hanno fatto, non si sono poi curati dell’applicazione delle leggi, non hanno monitorato né fiumi né coste, né colline né boschi (dov’è finita la Festa degli Alberi?).

Hanno lucrato dovunque, a partire dai convegni organizzati da loro sull’ambiente, con l’abusivismo, con la violazione delle norme, con le mazzette chieste ad ogni occasione, con le deroghe e con i condoni. Hanno fatto bottega del nostro Paese e dei nostri risparmi.

Amministratori nazionali e locali a gara hanno concesso permessi di costruzione sopra ai torrenti ed alle falde acquifere, sui terreni golenali, sulle spiagge demaniali. Una colata di cemento spesso più fragile del gesso (il cemento, si sa, costa, basta pensare all’Università dell’Aquila) ha coperto il Paese, complici i palazzinari da strapazzo che sono stati i grandi e non tanto occulti finanziatori di questo regime da feccia.

2Hanno dato permessi di costruzione dentro ai crateri dei vulcani, sulle paludi e sotto al livello dei fiumi e del mare (pensate al quartiere della Magliana, a Roma), hanno distrutto il paesaggio e la terra, inquinando ed ostruendo. Basta pagare ed è lecito tutto.

Migliaia di edifici commerciali ed industriali sono stati travolti dal fango, le masserizie domestiche trasportate via alla discarica con i trattori, le scuole, già fatiscenti, crollate, migliaia di persone costrette a lasciare tutto, a vivere della carità dei più fortunati o sotto alle tende.

Chi ripaga questi sventurati?

Dove sono i responsabili cinquantennali di questa ripetizione di disastri?

S’intrecciano le accuse fra chi doveva avvertire e chi non ha letto le disposizioni della Protezione Civile. Si aprono le inchieste: due, tre, quattro. Le Procure si affannano a cercare i responsabili, tanto per fare scena. Lo sappiamo tutti che queste inchieste lasceranno il tempo che trovano: vent’anni, trent’anni, magari, per assolvere i responsabili del disastro del Vajont. I più, saranno morti. La giustizia trionfa! Olé!

S’invoca la solidarietà della gente. Catene pietose s’intrecciano, talune ambigue, altre più serie.

Dov’è lo Stato?

Paghiamo ancora le addizionali pro Calabria degli anni cinquanta, i debiti della guerra d’Africa, gli sfollati di Messina sono ancora all’addiaccio, ma non abbiate timori. La mazzata verrà!

Pagheremo noi, magari con un’addizionale sulla benzina, con una piccola percentuale straordinaria su quell’IMU che ha paralizzato un governo già impotente da quando è nato, con nuove tasse, pro Salento, pro Calabria, pro Abruzzo, pro inferno! Ma ci vadano tutti!

Loro governano e non fanno.

Loro sbagliano e noi paghiamo.

Loro non pagano mai.

Se c’è un problema loro, paghiamo noi.

Questo Stato è finito. Questa Repubblica è un insulto ad una società che cerca d’essere civile, che avrebbe il diritto di essere tale.

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Loro, non hanno più diritti, perché hanno mancato a tutti i doveri.

Questo dicembre palpita di ombre minacciose e mortali. La gente è abbandonata a se stessa. Ricostruzione? Quale? Per lucrare altri danari, altri permessi, altre mazzette, altri soldi promessi, stanziati e mai arrivati, da tre cinque, dieci anni?

A Prato abbiamo scoperto ciò che tutti sapevano: quattro miliardi di euro all’anno di rimesse vanno in Cina dal lavoro degli schiavi.

Dove sono i Sindacati? A non pagare l’IMU sulle loro sedi, a proclamare “agitazioni”, a nascondere i loro bilanci, se ne hanno, visto che sono esenti da tutto?

Solo dopo nove morti scopriamo che l’illegalità è diventata legge.

Da che avevamo le concessioni in Cina, oggi la Cina ha concessioni in Italia.

Dove erano in tutti questi anni i magistrati di Prato, l’Ufficio del Lavoro, le ASL, il Prefetto, gli assessori comunali, provinciali, regionali, tutte le infinite, inutili strutture di uno Stato inesistente che paghiamo inutilmente perché non facciano, siano compiacenti e tacciano fino al prossimo disastro?

Abbiamo visto a Taranto l’assenza totale dello Stato!

Altro che ripresa prossima! Le variazioni climatiche non perdonano, ma a queste si aggiungono l’inerzia e l’incapacità degli uomini.

Napolitano chiede un programma. Tanto vale che lo faccia lui.

Letta chiede la fiducia. Su che?

Alfano promette e minaccia, un occhio al governo ed uno a Berlusconi.

La nuova Forza Italia si affida al suo grande leader che punta su due uomini ai suoi occhi preziosi: Verdini e Fitto… poi tira fuori dal cilindro il numero due di Bertolaso! Boh! (ndr) Leggiamoci la loro biografia sulle cronache dei giornali!

Ho sentito Grillo a Genova. Blaterava, ma una sola cosa mi è piaciuta, quando ha definito lo IUC un rutto. Qualifica tutto.

Renzi ultima spiaggia? Ultimo appiglio prima del baratro? Ultima speranza! (ndr)

Roma, 3 dicembre 2013.

written by Marcello Sladojevich \\ tags:


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