Dic 22

Storicamente e giuridicamente alle province sono attribuite una serie di competenze di “ambito territoriale” che, se abolito l’organo competente ed esecutivo, naturalmente queste stesse funzioni verranno distr1ibuite agli organi che attualmente si dicono di “grado inferiore”, i comuni.
E le competenze cosiddette “più ampie” chi le svolgerà?

Tanto per fare un esempio pratico: le scuole medie superiori o di II grado vengono funzionalmente gestite dalle amministrazioni Provinciali…come anche certe strade di maggior importanza. Prendiamo l’Istituto di scuola superiore a Enriques di Castelfiorentino che serve un comprensorio ampio che va da Poggibonsi-Certaldo-Empoli-Montespertoli-Montaione ecc. Se la provincia scopare a chi andranno queste competenze? Al comune di Castelfiorentino?
Ed il comune con forte autonomia amministrativa come è oggi, investirà risorse che comunque servono anche ad un altro territorio…oppure “evierà” le risorse per soluzioni di bilancio ed investimento più concrete e territoriali?
Sicuramente c’è un rischio possibile.

Ci potrebbero essere delle soluzioni nemmeno molto più complesse, però, per esempio comprimere le attuali prerogative (autonomia, autogoverno ed autotutela) dell’organo amministrativo-politico di terzo livello, il comune, riducendolo a quello che sono, tanto per fare un esempio reale comparativo, i municipi romani che sono organi di gestione ma non di completa autonomia, o meglio sono organi di rappresentanza territoriale.
Questo poi sarebbe interessante anche per la rappresentatività a doppia corsa o livello: far sedere i “nuovi sindaci a competenze riformate” in un organo rappresentativo presso la provincia perché dal territorio ci sia osmosi di rappresentati2vità, ed ovviamente riservare alle “circoscrizioni/municipi” seggi provinciali così come avviene oggi, ove questo organo rivestirebbe  vere e proprie attività politico-amminitartive.
Sempre per rimanere in tema di riforma degli organi rappresentativi di II e III livello emblematiche sono certe realtà e competenze: pensiamo al potere regolamentare che ha un comune in materia edilizia ed urbanistica; ogni comune adotta un proprio regolamento edilizio i cui effetti non sono nemmeno mitigati dall’adozione di eventuali  provvedimenti regionali normativi in materia di gestione del territorio, come appunto la legge 1, 2005 della Regione Toscana (adozione dei piani strutturali).
Cosa accade di fatto e dal punto di vista operativo ad un professionista che deve lavorare ad Empoli, o a Canicattì?
Un architetto, per esempio,  incontra regolamenti edilizi ed urbanistici diversi con almeno un duplice effetto negativo: si deve appoggiare sempre ad un professionista del luogo, con il latente rischio di corruzione e di manfrine varie (la cronaca è piena di geometri ed tecnici maneggioni che ruotano intorno all’amministrazione comunale…e magari poi diventano sindaci…assessori all’edilizia ecc),
e di fatto non c’è scambio culturale e omologazione  per aree geografiche simili di “indirizzi edificatori comuni”: c’è chi adotta il principio del comparto chi le villette a schiera in peno Chianti (vedi Panzano o Montichiello) chi… .Insomma anche la professione dell’architetto e dell’urbanista dedicata al “bello ed al buono” viene piegata dalle esigente burocratiche.

3Inoltre l’eccesso di imbroglio ed accatastamento normativo di tipo regolamentare, a cui spesso si fa riferimento anche nella stampa estera come vincolo negativo a certi investimenti esteri in Italia, non viene solo da Roma ma proprio dal sovrapporsi di regole, regoline e competenze nelle amministrazioni locali.
Potrebbe esserci un esempio emblematico: nonostante una circolare del Ministero degli Interni a riportare sulla Carta d’Identità (documento cartaceo), se richiesto, la professione del cittadino, molti comuni non si adeguano invocando previgenti regolamenti organizzativi interni degli uffici e dando così origine a contumelie e bagarre inaudite, oltre che gratuite discriminazioni fra cittadini. Senza parlare dell’IMU o dell’IRPEF comunale o delle tasse di smaltimento rifiuti (ex competenza provinciale…la gestione delle discariche!) che varia da piccolo comune a piccolo comune con il paradosso del mio amico che ha ereditato una casa colonica che è stata edificata sul confine fra due comuni…ma dal punto di vista di metri quadri non esattamente a metà con due IMU diverse con due Tarsu, diverse!

Questo accade perché gli indirizzi amministrativi locali o non sono recepiti o per falsa attribuzione di competenze vengono disattesi dalle autorità amministrative e politiche nella falsa convinzione della prevalenza di “autogoverno” locale sul governo amministrativo centrale.

Il decentramento amministrativo (chiamiamolo pure federalismo) deve avvenire sul piano gestionale e non in quello della determinazione a meno che non si voglia di fatto operare degli imbrogli di tipo normativo-regolamentare o anche disparità di trattamento fra cittadini magari dello stesso comprensorio ma di due amministrazioni comunali diverse. Ancora un esempio: nei piani di affido familiare dei minori, il comune di residenza deva erogare alla famiglia affidataria un bonus monetario quale ristoro delle spese incontrate, ebbene, capita che una famiglia accolga tre minori di tre comuni diversi: da un comune riceve 300 euro mensili, da altro 400, da altro ancora 600 (sono esempi reali che accadono nel comprensorio Valdelsa!)

Allora domandiamoci se sia più opportuno rivedere l’organizzazione per territori provinciali dello Stato apparato, che non è solo amministrazione politica…ma anche prefettura, uffici scolastici periferici (miur) ecc
o invece sia più conveniente rivedere l’eccesso di competenze e prerogative da un lato conferito ai comuni ed al contempo eccesso di autonomia di bilancio e di gestione conferito alle regioni proprio con quella “iattura” che è stata la riforma del titolo V della Costituzione, riforma che sarebbe da rivedere ed abolire da subito.
Ovviamente ed ad abbundatiam ripeto che non sostengo di abolire i comuni ma ridimensionarli a meri “municipi” e magari rivedere il processo di rappresentanza a livello provinciale.

Se noi fossimo in grado di rispondere a certe domande come
quanti sprechi ci sono nei comuni?
Quanti sprechi ci sono nelle province?
E’ meglio e più possibile il controllo sulla funzione e sul risultato di organi prolificati o organi accentarti?

Il compianto Paolo Barile, che poi mi sembra abbia cambiato opinione in corso d’opera, a lezione di diritto pubblico, diciamo una quarantina di anni fa, ci portava sempre un esempio in relazione a certi decentramenti ed alle loro inutilità: “… durante il terremoto del 1919 nel Mugello… i soccorsi arrivarono dopo 4 o 5 giorni poiché l’allarme partì dai carabinieri di Borgo San Lorenzo, verso il Comando di Compagnia di Firenze, da qui alla Prefettura, da qui al Ministero degli Interni di Roma, da qui al Ministro della difesa e quindi arrivò un ordine ai militari del genio di intervenire…ma era il 1919! Oggi come si registra una scossa tellurica immediatamente le unità di crisi del Ministero fanno scattare l’allarme in tempo reale ed in tempo reale si muovono i soccorsi del concentramento più vicino. Ergo certe forme di decentramento oltre a non servire potrebbero ostacolare il regolare e giusto deflusso delle attività!” Il professor Barile fu allievo prediletto di Piero Calamandrei, un padre della nostra costituzione!
Una volta impostato il ragionamento su questi termini e valutate le opportunità politiche di rappresentanza reale, di efficacia dei servizi erogati, lotta agli sprechi e roba del genere, solo allora potremmo approcciare una vera efficace riforma dell’amministrazione periferica dello Stato!

Vi è poi anche una piccola chiosatura da fare ai partiti di governo attuali: negli ultimi 15 anni si è aumentato il numero delle province e la ove non era possibile istituire una nuova provincia per manifesta inconsistenza di territorio e cittadinanza da amministrare, si sono istituiti i cosiddetti “circondari” (vedi quello di Empoli Valdelsa). Come mai ora si vogliono abolire tutte le province?

Una buona amministrazione politica e di un partito di governo avrebbe cominciato subito dall’azzerare il “circondario della Valdelsa” e poi… azzererebbe tutti quei parlamentari e consiglieri provinciali e regionali che istituirono a suo tempo le province in più, molti dei quali ancora siedono negli organi di governo centrale e regionale. Dopodiché  ragionare sul dal farsi ma con strumenti scientifici e di efficacia organizzativa, normativa…e …”costituzionale”ben precisi e documentati!

written by Marcello Sladojevich \\ tags: , , , , , ,


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